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La salute torni nelle mani dello Stato

mercoledì, 24 Marzo 2021
2 minuti di lettura

La pandemia ha fatto esplodere un problema che da tempo le forze politiche fanno finta di ignorare: il fallimento della sanità affidata alle Regioni.

Il diritto alla salute è l’unico definito “fondamentale” dalla nostra Costituzione. Quindi, massima dovrebbe essere l’attenzione della politica per garantire che questo diritto sia assicurato a tutti i cittadini senza distinzione alcuna, nemmeno territoriale. E invece, da decenni assistiamo ad uno spettacolo sconcertante: Regioni che sono in grado di fornire servizi di qualità e altre da cui chi può evita di farsi curare.

La stranezza è che il Servizio sanitario si definisce nazionale, ma in realtà di nazionale non ha nulla se non l’elenco teorico dei Livelli essenziali di assistenza, che il SSN è tenuto a fornire a tutti o cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse).

 

INGIUSTIZIA VERSO I CITTADINI

L’Italia, nei fatti, ha 20 sistemi sanitari ognuno dei quali cammina per la sua strada con punte di eccellenza ma anche enormi sprechi, inefficienze e ingiustizie verso i cittadini che abitano nelle Regioni con sanità scadente.

commissariamenti a cui vengono sottoposte le sanità regionali intervengono quasi sempre solo per motivi di dissesti finanziari e non per carenza della qualità dei servizi offerti. Vengono decisi con ritardo, quando i costi sono fuori controllo e ottengono un risanamento quasi sempre solo tagliando le prestazioni. Molto meglio sarebbe se lo Stato potesse automaticamente avocare a sé, per un congruo periodo di tempo, la competenza sulla sanità di quelle Regioni che non si dimostrano in grado di fornire i servizi richiesti.

La pandemia ha dimostrato che neanche le Regioni ritenute un esempio di sanità di qualità sono state in grado di gestire adeguatamente questa emergenza.

Il caos delle vaccinazioni è solo l’ultimo eclatante esempio. È stato un errore non decidere, fin dall’agosto scorso che il piano delle vaccinazioni e la sua realizzazione doveva avere un’unica gestione nazionale in tutte le sue fasi: approvvigionamento, prenotazioni, somministrazione. Come ha ricordato il prof. Michele Ainis, nell’art.117 della Costituzione la profilassi internazionale è di competenza esclusiva dello Stato e la Corte Costituzionale, già nel 2018 e nuovamente un mese fa, ha sancito che la pandemia richiede una gestione unitaria di carattere nazionale.

 

IL CAOS DELLE VACCINAZIONI

Perché non si è tenuto conto delle di tutto questo? Sappiamo benissimo che nel bilancio di una Regione il budget della sanità vale intorno al 70-80%: un forte incentivo a mantenere la gestione di questi fondi a livello locale . Ma il diritto alla salute è più importante degli interessi della politica.

È ora che tutti partiti si pronuncino in maniera chiara e inequivocabile: vogliono mantenere la regionalizzazione della Sanità o tornare ad una gestione statale? Se il modello attuale non ha funzionato che senso ha continuare a difenderlo? Meglio sarebbe riportare pianificazione, gestione e controllo nelle mani dello Stato e lasciare alle Regioni solo pochissime ambiti di decisione in materia.

Non occorre una grande riforma Costituzionale. Basta togliere solo la tutela della salute dall’elenco delle competenze concorrenti.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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