martedì, 30 Aprile, 2024
Economia

La politica e le banche: rischi per il sistema Italia

Cosa farà il Governo in caso di un’offerta di acquisto di Unicredit?

Nel turbinio di informazioni riguardanti il virus è spuntata in questi giorni una notizia completamente diversa, che ha quel sapore tipicamente amaro della politica pasticciona all’italiana, classica dei periodi pre-Covid. 

La vicenda Unicredit-Monte dei Paschi che va avanti già da mesi e negli ultimi giorni è arrivata ad un epilogo con l’annuncio delle dimissioni dell’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier.

Il Monte dei Paschi è stato per anni un esempio orgoglioso delle tradizioni bancarie italiane. Bastava passare davanti alla elegante sede del Monte nel cuore della “city” di Francoforte, per leggere la scritta dedicata alla banca più antica del mondo. Fondata nel 1472 il Monte dei Paschi esisteva ancor prima che fosse scoperta l’America.  Clientelismi regionali, interessi di partito e mancanza di competenze adatte a stare al passo con la globalizzazione degli ultimi anni hanno contribuito a distruggere questo mito italico. 

D’altra parte la necessità di competere  ha consolidato anche in Italia gruppi bancari in grado di stare al passo con le grandi banche inglesi, tedesche o spagnole. È il caso di Unicredit, da anni vista come una aggregazione  di vari istituti di credito acquisiti in Italia, in Germania e nell’est europeo. Una banca, che per gestione di assets in bilancio, rappresenta sicuramente un attore di primo piano in Europa che solo negli ultimi mesi stava iniziando a riappropriarsi della posizione dovutale nel ranking Europeo. 

Il merito è la guida  di un management esperto che aveva avviato un processo di rifocalizzazione del business,  e identificato nuove e più coerenti linee strategiche di crescita e di investimento al passo con le esigenze di una banca moderna capace di tutelare azionisti, risparmiatori e tessuto industriale.

Le dimissioni di Mustier, apparentemente insensibile alle pressioni di una certa classe politica dedita a favorire una fusione con il Monte dei Paschi hanno generato un disastroso crollo in Borsa del titolo Unicredit. Disaccordi esisterebbero non solo sulle promesse (prima fatte ed in un secondo tempo ritrattate) di complicati benefici fiscali, ma soprattutto sull’opportunità di intaccare in questo momento, con una operazione rischiosa, il percorso di ristrutturazione iniziato dall’istituto Milanese.

La reazione di Mustier può esser considerata più o meno appropriata ed occorrerà analizzarne le cause in dettaglio prima di esprimere un giudizio. Ciò che preoccupa è comunque la storia di un nuovo intervento dello stato che turba l’andamento del libero mercato e che rischia alla fine di penalizzare nuovamente gli interessi Italiani invece di supportarli. 

La situazione attuale, sembra ancora molto fluida e non va valutata con fretta ma ci poniamo qualche semplice domanda sui rischi di tutto ciò. A molti sfugge la potenziale conseguenza di questa situazione e il rischio di esporre Unicredit ed i risparmiatori ad una potenziale scalata da parte di grandi gruppi stranieri che continuano ad acquistare posizioni sul mercato italiano. Magari i soliti cugini francesi…

Da sempre nel nostro paese, persistenti interessi di parte purtroppo non riescono a rappresentare il sistema Italia nel suo complesso e questo è causa di cronica mancanza di crescita della nostra economia. 

Questa frammentazione di interessi ci porta a non avere linee guida chiare per un piano di sviluppo industriale che comprenda  un ruolo adeguato per gli istituti creditizi indispensabili per supportare la crescita di un paese moderno. 

Infine non possiamo non chiedere che cosa farà il governo se fosse lanciata un’offerta ostile di acquisto su una delle più importanti banche Italiane ed Europee.

Gli investitori stranieri sono i benvenuti in Italia, in tutti i campi ma in questo caso stiamo parlando di una potenziale perdita di controllo di un Istituto creditizio che in Italia fa sistema.

Tornano alla mente esperienze simili: Ilva, Alitalia e tante altre.
In questo modo continuiamo a distruggere i nostri assets più importanti.
«…abbiamo una banca…» disse qualcuno un po’ di anni fa.
Ora, rotto il giocattolo, ne vogliamo uno nuovo?

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