È arrivata una nuova ondata, non del virus ma ad esso collegata: quella dei poveri.
Lo segnala il rapporto della Caritas, l’organizzazione cattolica che opera sul terreno dei nuovi bisogni e dei fenomeni di disagio sociale, rilevando che agli otto milioni di poveri già conosciuti se ne siano aggiunti, come conseguenza della caduta dei redditi già precari e della perdita del lavoro, altri 5 milioni.
Sarebbero quindi più di 14 milioni di italiani ridotti in condizioni di vita disagiate, se non disperate, con una incidenza maggiore, com’è immaginabile, nel Mezzogiorno e in condizioni mortificanti per i minori, che sopravvivono soffrendo spesso la fame, l’impossibilità di cure mediche adeguate e i guasti di una istruzione intermittente, che li vede esclusi non solo dalla didattica a distanza, ma anche da un pasto completo delle mense scolastiche.
A scorrere questo panorama del disagio e della marginalità emergono storie di inefficienza e di episodicità delle forme di supporto promosse dalle istituzioni, dove finalmente si moltiplicano le voci, a cominciare da quella dello stesso Di Maio, che pongono il problema di una evidente inadeguatezza del reddito di cittadinanza così come è stato concepito e attuato.
Sarà una tragedia, se e quando sarà spento il focolaio del contagio, constatare come la fine del diluvio consegni un’Italia segnata dallo stigma dell’ingiustizia sociale e della sofferenza di milioni di persone.
Sarà però di scarso risultato una politica di pannicelli caldi sulle piaghe sociali: e giunta invece l’ora che i cattolici italiani, e non solo, si scuotano dal torpore e scendano in campo per promuovere la nuova economia, quella centrata sul valore della persona, che Papa Francesco ha annunciato con forza ad Assisi.