“Tassi ancora fermi preludono non solo alle sfide di fine mandato di Draghi, ma soprattutto a quelle di fine ciclo economico, i cui segnali si fanno sempre più evidenti”. Riferisce Alessandro Carbone consulente patrimoniale e finanziario esperto in materia successoria. Prosegue con la sua analisi “La Banca Centrale Europea ha lasciato i tassi d’interesse invariati: il tasso principale resta fermo allo 0%, quello sui prestiti marginali allo 0,25% e quello sui depositi a -0,40%. Questo almeno fino alla prima metà del 2020 e comunque per tutto il periodo di tempo necessario per far risalire l’inflazione.
Si apre a una probabile ripresa del quantitative easing, perché la Bce è determinata ad agire se le prospettive d’inflazione nel medio termine continuano ad essere inferiori al suo obiettivo che risulta essere del 2%.
Le reazioni della borsa in questi sono un Ftse Mib che si porta in terreno nettamente positivo (+0,95%) dopo la decisione della Bce sui tassi di interesse, fermi ma con prospettive di possibili riduzioni mentre tutta l’euro zona registra una volatilità costante così come il resto del mondo per tutto il 2019.
Lo spread tra Btp e Bund scende a 179 punti col rendimento del decennale italiano che si attesta all’1,379% dopo che dal consiglio direttivo della Bce è arrivato un mandato tecnico per studiare ripresa Qe.
Inoltre, c’è da sottolineare ancora una volta che la politica, che si tratti di riforme strutturali o di misure fiscali, ha ancora il suo ruolo da svolgere”.
Per settembre, in conclusione, si attende un prolungato periodo di allentamento della politica monetaria nell’area Euro con un primo ritocco dei tassi negativi sui depositi che finirà solo nel 2020, con un primo accenno nel settembre 2019, questa è una buona notizia per le banche, ma una cattiva per l’economia dell’Eurozona, perché è la dimostrazione che quest’ultima, nonostante diversi anni di sostegni monetari, non è ancora in grado di camminare con le proprie gambe. Le principali preoccupazioni della Bce sono la debolezza della domanda esterna, le pressioni petrolifere sul lato dell’offerta e, naturalmente, l’incertezza politica e fiscale dell’Italia.