La Corte costituzionale, con la sentenza n. 197, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo numero 151 del 2001, nella formulazione vigente anteriormente alle modifiche introdotte con l’articolo 2, comma 1, lettera n), del decreto legislativo numero 105 del 2022, nella parte in cui non include il convivente di fatto tra i soggetti legittimati a fruire del congedo straordinario per l’assistenza alla persona con necessità di sostegno intensivo, in posizione equiparata al coniuge convivente. La questione era stata sollevata dalla Corte di cassazione a margine di un contenzioso azionato prima del 2022, periodo per il quale la legge non prevedeva ancora – come, oggi, a seguito del decreto legislativo numero 105 del 2022 – il diritto al congedo straordinario in favore del lavoratore che fosse convivente di fatto di una persona con grado di disabilità tale da renderle necessario un sostegno intensivo.
La Corte – conformemente alla propria giurisprudenza, che già si era pronunciata in senso analogo quanto al parallelo istituto dei permessi retribuiti di cui all’articolo 33, comma 3, della legge numero 104 del 1992 – ha affermato che la mancata previsione del diritto al congedo straordinario in favore del convivente more uxorio, si pone in contrasto con gli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.
Contraddittorietà̀
Per un verso, la sentenza rileva una contraddittorietà̀ logica nella previsione censurata, la quale, nel disciplinare l’istituto del congedo straordinario, si propone di proteggere la persona con disabilità grave all’interno del suo ambito familiare ma, allo stesso tempo, esclude il suo convivente di fatto dalla possibilità̀ materiale di prestarle assistenza. Essa pertanto ignora l’esistenza di uno stabile legame affettivo di coppia, connotato dalla «reciproca assistenza morale e materiale», avente giuridica rilevanza (articolo 1, comma 36, della legge numero 76 del 2016), anche se distinta considerazione costituzionale rispetto al rapporto coniugale, tutelato direttamente dall’articolo 29 della Costituzione, mentre la convivenza, al pari della unione civile, è ricompresa nelle formazioni sociali di cui all’articolo 2 della Costituzione, all’interno delle quali l’individuo afferma e sviluppa la propria responsabilità. Sono irragionevolmente intaccati, in tal modo, i valori solidaristici ai quali si ispira l’articolo 2 della Costituzione che protegge le formazioni sociali.
Per altro verso, la sentenza sottolinea l’esigenza di proteggere il diritto alla salute psico-fisica della persona che necessita di protezione (articolo 32 della Costituzione), specialmente laddove la sua situazione di infermità̀ acquisisca i caratteri della “gravità”.
La Corte ha, peraltro, chiarito, da un lato, che l’applicazione del beneficio in questione presuppone il rigoroso accertamento della effettiva sussistenza di una convivenza di fatto, e, dall’altro, che il diritto a fruire dello stesso per il periodo antecedente alle modifiche introdotte con il decreto legislativo numero 105 del 2022 rimane legato solo all’avvenuta prestazione dell’assistenza in favore della persona con disabilità grave.



