Con l’avvicinarsi delle festività la pressione sociale legata a regali, cene e consuetudini considerate indispensabili spinge molte famiglie italiane ad aumentare il ricorso al credito al consumo. Per chi non dispone di entrate stabili, come artigiani e piccoli commercianti privi della tredicesima, la gestione delle spese diventa particolarmente complessa. L’Ufficio studi della Cgia ha segnalato come questo clima favorisca situazioni di vulnerabilità finanziaria che possono aprire la strada a forme di finanziamento irregolari e potenzialmente usurarie.
800mila italiani acquistano i regali con un prestito
Un’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research rileva che 800mila italiani hanno già fatto ricorso a prestiti personali, dilazioni di pagamento o formule ‘buy now, pay later’ per affrontare gli acquisti natalizi. Rimane il dubbio su quanti di loro si siano rivolti al credito regolamentato e quanti invece abbiano cercato soluzioni informali, affidandosi a conoscenti o intermediari improvvisati, più inclini a imporre condizioni opache e tassi fuori controllo.
Aumentano le aziende insolventi
Al 30 giugno 2025 le imprese con sofferenze hanno sfiorato quota 122mila, con un incremento del 3,6% rispetto all’anno precedente. Il Mezzogiorno è l’area più colpita, con 42.032 aziende in difficoltà, pari al 34,5% del totale e in crescita del 6,3% in un solo anno. Seguono Nordovest, Centro e Nordest, confermando che la fragilità economica delle microimprese è ormai un fenomeno nazionale. Per molti autonomi, artigiani e commercianti la segnalazione alla Centrale dei Rischi comporta l’esclusione automatica dal sistema bancario, spingendoli verso forme alternative di finanziamento che spesso coincidono con circuiti illegali.
Denunce di usura in calo
Nonostante l’aumento delle imprese insolventi, le denunce per usura diminuiscono. Ciò non rappresenta un miglioramento reale: le vittime spesso subiscono intimidazioni, danneggiamenti e minacce rivolte anche ai familiari, che le scoraggiano dal rivolgersi alle autorità. Inoltre, la vergogna di dover ammettere la propria condizione, soprattutto nei piccoli centri, contribuisce a mantenere il fenomeno sommerso.
Province più colpite
Le grandi città raccolgono il maggior numero assoluto di imprese in sofferenza: Roma (10.664), Milano (7.009), Napoli (6.737), Torino (4.885) e Firenze (2.683). Il peggioramento più significativo riguarda però province meno popolose: Grosseto (+20,9%), Arezzo (+18,7%), Siena (+17,2%), Siracusa (+15,8%) e Ragusa (+14,7%). Si tratta di territori dove il tessuto produttivo è composto prevalentemente da microimprese che, in mancanza di liquidità, rischiano di scivolare rapidamente verso situazioni di forte vulnerabilità.
Mancati pagamenti tra le cause principali dell’insolvenza
Molti imprenditori finiscono nella black list della Centrale dei Rischi a causa dei mancati pagamenti da parte dei propri clienti o per fallimenti che travolgono l’intera filiera. In questi casi non si tratta di cattiva gestione, ma di una carenza strutturale di tutele. La Cgia ha ribadito la necessità di potenziare il Fondo di prevenzione dell’usura, unico strumento in grado di offrire un supporto concreto a chi rischia di cadere nella rete criminale.
La stretta creditizia favorisce i circuiti illegali
Dal 2011 a oggi i prestiti bancari alle imprese sono diminuiti di 350 miliardi di euro, passando da 1.017 a meno di 667 miliardi. Le restrizioni normative, la crisi dei debiti sovrani e la riduzione della domanda hanno portato a un irrigidimento dell’accesso al credito. Nei periodi di difficoltà economica, questa chiusura dei rubinetti spinge molti operatori, privi di alternative, verso fonti di finanziamento illegali che approfittano del bisogno crescente di liquidità.



