Ieri, all’interno del santuario di Nostra Signora del Libano, a Harissa, Papa Leone XIV ha richiamato il valore della preghiera come sostegno per un Paese e un’intera regione, il Medioriente, segnati da conflitti e incertezze: “La nostra preghiera ci dà la forza di continuare a sperare e a lavorare, anche quando il rumore degli spari rimbomba nelle vicinanze”, le sue prime parole aprendo la giornata libanese del suo viaggio apostolico in Turchia e Libano, compiuto in occasione del 1700° anniversario del Concilio di Nicea. Rivolgendosi a vescovi, religiosi e operatori pastorali, il Pontefice ha ricordato l’impegno quotidiano delle comunità cristiane nel mantenere vivi legami di solidarietà, nonostante una crisi che riguarda infrastrutture, economia e sicurezza: “Penso alla responsabilità che tutti abbiamo nei confronti dei giovani”, ha spiegato, chiedendo poi di offrire loro spazi, formazione e opportunità concrete. Ha citato l’esperienza delle scuole che sono rimaste aperte durante le fasi più dure dei bombardamenti e quella dei centri che accolgono migranti e profughi.
Prevost ha ripreso l’immagine dell’àncora, simbolo scelto per il viaggio: “La fede ci permette di avanzare anche nei momenti più oscuri. La nostra vita è ancorata in cielo: aggrappiamoci alla corda”, ha spiegato, invitando a non rinunciare alla costruzione della pace. Nel santuario ha poi donato una Rosa d’oro, segno che richiama la presenza mariana e il legame tra la Chiesa universale e i luoghi di preghiera
L’esempio della carità
All’interno del suo discorso il Vescovo di Roma ha portato esempi tratti dalle testimonianze ascoltate. Uno su tutti: la moneta siriana trovata nella borsa delle elemosine di un villaggio di confine: “Ci ricorda che nella carità ciascuno ha qualcosa da dare e da ricevere”, ha osservato per poi sottolineare che la condivisione quotidiana rompe barriere etniche e religiose. Ha poi richiamato la responsabilità verso chi fugge dalla guerra: “Nessuno dovrebbe essere costretto a lasciare il proprio Paese per conflitti assurdi”. Il Santo Padre ha ricordato anche l’impegno di religiose e laici che mantengono vive scuole e centri educativi in aree segnate da tensioni, definendoli “luoghi in cui si impara a condividere pane, paura e speranza”. L’istruzione, ha ribadito, resta una priorità della Chiesa in Libano e una risorsa per la popolazione più fragile.
Nel pomeriggio Leone XIV ha guidato un incontro ecumenico e interreligioso in piazza dei Martiri a Beirut: “Da molti anni gli occhi del mondo sono fissi sul Medioriente, osservandone l’arduo cammino e la ricerca della pace”, ha detto Leone. Di fronte a conflitti radicati, il Papa ha indicato nel Libano un laboratorio di coesistenza: “Paura, sfiducia e pregiudizio non hanno qui l’ultima parola”.
Uguale dignità
Riprendendo la ‘Dichiarazione Nostra Aetate’, ha sottolineato che il dialogo tra religioni non nasce da necessità politiche, ma da un fondamento teologico che riconosce l’uguale dignità di ogni persona. Ha ricordato le immagini dei cedri e dell’ulivo, simboli che nei testi sacri indicano stabilità e pace. L’olio, ha spiegato, “guarisce e illumina”, richiamando il ruolo delle comunità credenti nel curare ferite sociali e sostenere chi vive in condizioni difficili. Sua Santità ha poi richiamato la diaspora libanese: “Come le radici dei cedri si estendono nel terreno, così il popolo libanese è diffuso nel mondo, ma unito dalla propria storia”. Ha invitato cristiani, musulmani, drusi e appartenenti ad altre fedi a essere “costruttori di pace”, contrastando violenza e intolleranza attraverso gesti quotidiani di collaborazione. Il Santo Padre ha concluso affidando il Paese alla protezione di Nostra Signora del Libano, che raduna ogni anno credenti di religioni diverse nella festa nazionale del 25 marzo: “Il suo abbraccio guidi tutti perché il dono della riconciliazione e della convivenza scorra come acqua dalle montagne”.



