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Carlo Nordio Ministro della Giustizia

Nordio: “No agli indulti automatici. Pronte misure alternative per oltre 10mila detenuti”

sabato, 15 Novembre 2025
1 minuto di lettura

Il sovraffollamento delle carceri resta una delle emergenze più gravi del sistema penitenziario italiano, ma secondo il Ministro della Giustizia Carlo Nordio le soluzioni non possono passare da strumenti “lineari e automatici”, come indulti o amnistie generalizzate. Le esperienze del passato, spiega, dimostrano l’inefficacia di questi interventi nel lungo periodo. Nordio cita l’indulto del 2006, varato dal Governo Prodi, quando la popolazione detenuta ammontava a 60.710 persone. Il provvedimento portò alla liberazione del 36% dei detenuti, con un calo immediato delle presenze. Tuttavia, il sollievo fu di breve durata: già nel febbraio 2008 i detenuti erano risaliti a 51.195, per poi raggiungere 63.472 nel luglio 2009, superando il livello precedente all’indulto. A tutto ciò si aggiungeva un dato particolarmente critico: una recidiva del 48% entro tre anni.
Questi numeri dimostrano che le misure automatiche non funzionano”, osserva il ministro, “rendendo necessario adottare interventi che tengano conto delle specificità trattamentali dei singoli”.

Monitoraggio

In questa direzione, il Ministero ha avviato un monitoraggio che ha individuato 10.105 detenuti definitivi come potenziali beneficiari di misure alternative alla detenzione, purché con pena residua inferiore ai 24 mesi, condannati per reati non ostativi ai sensi dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario e privi di sanzioni disciplinari gravi negli ultimi 12 mesi. Per gestire il percorso, è stata istituita una task force che ha attivato un dialogo costante con la magistratura di sorveglianza e con i singoli istituti penitenziari, con l’obiettivo di accelerare l’esame delle posizioni individuali. “La collaborazione istituzionale sta consentendo un iter più veloce delle pratiche già incardinate davanti ai tribunali di sorveglianza – spiega Nordio – grazie allo scambio di dati e informazioni sui singoli detenuti”.
Un approccio che punta a sbloccare un numero significativo di casi, alleggerendo progressivamente il peso sulle strutture penitenziarie e, al tempo stesso, garantendo percorsi più coerenti e personalizzati rispetto alle esigenze trattamentali dei detenuti.

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