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Sharm el-Sheikh, verso un accordo: scambio di prigionieri e ottimismo sulla prima fase

mercoledì, 8 Ottobre 2025
1 minuto di lettura

Prosegue al terzo giorno il negoziato al vertice tra Israele e Hamas a Sharm el-Sheikh, dove il clima resta sorprendentemente positivo. Le delegazioni hanno scambiato le liste dei prigionieri da rilasciare, mentre cresce la pressione internazionale per chiudere entro venerdì la prima fase del piano di pace per Gaza proposto dal presidente statunitense Donald Trump. Secondo una fonte egiziana citata da Asharq Al-Awsat, l’accordo preliminare potrebbe essere annunciato già giovedì o venerdì. In questa prima fase si discutono lo scambio di prigionieri e ostaggi, la revisione delle mappe per il ritiro israeliano da Gaza City, Khan Yunis e Deir al-Balah e il cessate il fuoco. Restano da risolvere questioni logistiche legate alla consegna degli ostaggi e al ritiro delle truppe israeliane. Intanto sono arrivati oggi a Sharm Steve Witkoff e Jared Kushner, emissari della Casa Bianca incaricati da Trump di seguire il negoziato “fino al raggiungimento dell’accordo”. Il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, partecipa come mediatore, chiedendo “garanzie internazionali scritte” affinché Israele rispetti i propri impegni e si impegni a ritirarsi da Gaza. Tra le richieste di Hamas, secondo il Wall Street Journal, c’è la restituzione dei corpi dei suoi leader uccisi Yahya e Muhammad Sinwar, oltre a 1.700 prigionieri e 250 ergastolani palestinesi, in cambio dei 48 ostaggi israeliani ancora trattenuti, di cui solo una ventina sarebbero in vita.

Turchia e mondo arabo

Ankara, coinvolta nei colloqui su richiesta di Trump, sostiene ufficialmente il piano americano. “Siamo in contatto con Hamas e spieghiamo la via più appropriata per il futuro della Palestina”, ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ribadendo che Gaza dovrà restare parte di uno Stato palestinese. Ma la Turchia è furiosa per l’abbordaggio israeliano di nove imbarcazioni della nuova flottiglia umanitaria diretta verso Gaza, definito da Ankara “un atto di pirateria”. Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha affermato che, in caso di fine della guerra, “altri Paesi arabi firmeranno la pace con Israele”. L’Egitto si conferma fulcro diplomatico della regione, mentre il presidente Trump parla apertamente di “una reale possibilità di pace”. Sul terreno, intanto, resta alta la tensione: il ministro israeliano Ben-Gvir è salito di nuovo sulla Spianata delle Moschee, gesto che rischia di incendiare gli equilibri proprio mentre a Sharm el-Sheikh si cerca di spegnere una guerra lunga un anno.

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