Dal pacifismo digitale alla guerriglia urbana, le proteste della GenZ 212 stanno scuotendo il Marocco. Nato su Discord e amplificato da TikTok, il movimento giovanile ha invaso le strade di Rabat, Casablanca, Agadir e Oujda, chiedendo riforme urgenti in sanità, istruzione e giustizia sociale. Ma la risposta delle autorità è stata dura: centinaia di arresti, veicoli incendiati, vetrine distrutte e scontri violenti con la polizia. A Inzegane, sobborgo di Agadir e città natale del premier Aziz Akhannouch, la tensione è esplosa. Manifestanti a volto coperto hanno lanciato pietre contro le forze dell’ordine, dato fuoco a auto private e ufficiali, danneggiato filiali bancarie, farmacie e uffici postali. Scene simili si sono ripetute a Errachidia, Guelmin e Tan Tan, fino ai margini del Sahara. A Oujda, un ragazzo è rimasto gravemente ferito: inizialmente dato per morto, è ora ricoverato in condizioni critiche. Il governo ha mobilitato risorse straordinarie per contenere i disordini, ma la promessa di un incontro con i rappresentanti istituzionali non ha placato gli animi. La frustrazione giovanile è alimentata dalla disoccupazione, dalla precarietà e dalla percezione di essere ignorati da un sistema che investe in grandi eventi — come i Mondiali 2030 — a scapito dei servizi essenziali. Il sindacato dei giornalisti ha denunciato “comportamenti umilianti e inappropriati” da parte delle forze dell’ordine e ha promesso un rapporto dettagliato sugli abusi documentati. Intanto, gli appelli alla mobilitazione continuano a circolare sui social, e molti osservatori parlano di un nuovo Hirak, come quello che tra il 2016 e il 2017 sconvolse il Nord del Paese. La protesta non si è spenta. E per la GenZ 212, il futuro non è più una promessa: è una rivendicazione.
