Il super tifone “Maiton” ha colpito le Filippine nella notte tra lunedì e martedì, investendo l’arcipelago con venti superiori ai 250 km/h e piogge torrenziali. La tempesta, classificata di categoria 5, ha toccato terra nella provincia orientale di Samar, provocando allagamenti diffusi, blackout e danni ingenti alle infrastrutture. Secondo il National Disaster Risk Reduction and Management Council, oltre 120.000 persone sono state costrette a evacuare le proprie abitazioni. Molti hanno trovato rifugio in scuole, palestre e centri comunitari, trasformati in rifugi d’emergenza. Le autorità locali parlano di “una delle peggiori tempeste degli ultimi dieci anni”, mentre il bilancio delle vittime è ancora incerto: al momento si contano almeno 14 morti e decine di dispersi. Il presidente Ferdinand Marcos Jr. ha dichiarato lo stato di calamità in cinque province e ha mobilitato l’esercito per assistere le operazioni di soccorso. Le immagini che arrivano dalle zone colpite mostrano strade trasformate in fiumi, tetti divelti e intere comunità isolate. Le comunicazioni sono interrotte in molte aree rurali, rendendo difficile il coordinamento degli aiuti. La tempesta ha già iniziato a spostarsi verso nord-ovest, minacciando le regioni centrali di Luzon. Le scuole sono chiuse, i voli cancellati e le attività sospese in gran parte del Paese. Le autorità meteo avvertono che il tifone potrebbe mantenere la sua intensità per altre 24 ore, con rischi di frane e ulteriori inondazioni. Il dramma delle Filippine riaccende l’attenzione sulla vulnerabilità climatica dell’Asia-Pacifico, dove eventi estremi si fanno sempre più frequenti e devastanti. Mentre il Paese affronta l’emergenza, la comunità internazionale si mobilita per fornire aiuti umanitari e supporto logistico.
