Il capo di Stato Maggiore israeliano Eyal Zamir ha presentato il piano per l’occupazione di Gaza City: l’evacuazione della popolazione dovrebbe durare poco meno di due mesi, al termine dei quali scatterà l’assedio e l’offensiva terrestre. Israele controlla già circa il 75% del territorio, ma considera la città il “bastione finale di Hamas”.
Le autorità intendono ridurre al minimo l’impiego delle riserve, pur avvertendo che l’espansione delle operazioni potrebbe mettere a rischio gli ostaggi ancora detenuti dai miliziani. L’annuncio del piano ha alimentato tensioni interne. Oltre due milioni di israeliani hanno partecipato allo sciopero generale e alle manifestazioni per chiedere un accordo che riporti a casa i circa 50 ostaggi rimasti a Gaza.
A Tel Aviv, dopo la marcia per la liberazione, centinaia di manifestanti hanno dato vita a scontri con la polizia davanti alla sede del Likud. Netanyahu ha ribadito che “un accordo sarà possibile solo con il rilascio degli ostaggi”, insistendo sulla linea dura contro Hamas.
Sul fronte internazionale, Amnesty International accusa Israele di attuare una politica deliberata di fame a Gaza, limitando aiuti e danneggiando il tessuto sociale palestinese. Secondo il ministero della Sanità della Striscia, nelle ultime 24 ore cinque persone – tra cui due bambini – sono morte di malnutrizione, portando a 263 il bilancio delle vittime della carestia dall’inizio del conflitto.
Israele respinge le accuse, ma l’emergenza umanitaria resta drammatica: Al Jazeera denuncia che solo ieri 17 civili sono stati uccisi da bombardamenti israeliani, otto dei quali mentre aspettavano aiuti.
La voce della comunità cristiana
Padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza, ha confermato che è stato impartito un ordine di evacuazione per interi quartieri. “Distribuiscono tende, ma questo significa che vogliono sgomberare tutta la città: dove andranno 2,3 milioni di persone?”, si è chiesto il missionario argentino.
Durante la messa domenicale, una forte esplosione ha colpito la parrocchia, senza causare vittime ma aumentando il senso di precarietà. “I bambini hanno bisogno di tutto, ma l’unica certezza è che le bombe continuano a cadere”, ha aggiunto.
Hamas valuta nuova proposta
A Il Cairo i negoziatori di Hamas hanno ricevuto una nuova proposta mediata da Egitto e Qatar: una tregua di 60 giorni con rilascio scaglionato degli ostaggi e avvio di negoziati per un cessate il fuoco permanente. Secondo fonti della Jihad islamica, nella prima fase verrebbero liberati dieci ostaggi vivi e consegnati i corpi di altri prigionieri. La seconda fase prevederebbe la liberazione dei rimanenti, con garanzie internazionali su un accordo più ampio.
L’Anp si prepara al dopo-guerra
Il premier palestinese Mohammad Mustafa ha annunciato la creazione imminente di un comitato provvisorio per la gestione della Striscia sotto l’autorità dell’Anp. L’obiettivo è ripristinare i servizi essenziali e mantenere l’unità istituzionale palestinese. “Non sarà una nuova entità politica, ma uno strumento per riattivare le istituzioni dello Stato di Palestina a Gaza”, ha chiarito Mustafa.
Il ruolo dei mediatori regionali
Il Qatar ha confermato che il suo primo ministro Mohammed bin Abdulrahman Al Thani è in Egitto per discutere con i mediatori. Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha precisato che la proposta in discussione – conosciuta come piano Whitkoff – include 60 giorni di cessate il fuoco, introduzione di aiuti umanitari e scambi di prigionieri. L’Egitto si è detto pronto a contribuire a una forza internazionale a Gaza sotto mandato Onu, a condizione che vi sia una prospettiva politica per uno Stato palestinese.
Reazioni internazionali
Gli Stati Uniti hanno richiamato Israele ai suoi impegni in Libano: l’inviato Tom Barrack ha chiesto il ritiro completo delle truppe dalle aree di confine ancora presidiate. Intanto, il governo britannico guidato da Keir Starmer ha annunciato che nelle prossime settimane accoglierà tra 30 e 50 bambini palestinesi gravemente feriti per cure mediche, in un’operazione coordinata con l’OMS.
Escalation regionale
Il clima resta teso. Trump, intervenendo su Truth, ha scritto che “gli ostaggi torneranno solo quando Hamas sarà distrutta”, rivendicando i suoi precedenti successi diplomatici e militari. A Gaza, intanto, alcune famiglie stanno già lasciando la città per timore dell’imminente offensiva.
La comunità internazionale moltiplica gli sforzi per scongiurare un nuovo bagno di sangue, ma la spirale di guerra, fame e sfollamenti sembra ancora lontana dall’arrestarsi.