Un invito chiaro a “lavorare su sé stessi per vincere l’individualismo e la smania di superare gli altri” Un invito chiaro a “lavorare su sé stessi per vincere l’individualismo e la smania di superare gli altri” ha incontrato i partecipanti al corso di formazione promosso dal ‘Pontificio Ateneo Regina Apostolorum’ e i delegati al ‘Capitolo generale dei Fratelli Saveriani’. Parole come sempre forti, indirizzate non solo ai religiosi presenti, ma a tutta la Chiesa e, indirettamente, alla società contemporanea.
Il Pontefice ha messo in guardia dal rischio di relazioni “competitive” anche all’interno delle comunità religiose: “Bisogna lavorare molto su sé stessi per vincere l’individualismo e la smania di superare gli altri, che ci fa diventare concorrenti, per imparare a costruire gradualmente relazioni umane e spirituali buone e fraterne”.
Un’esortazione profonda, che ha chiamato in causa l’umanità di ciascuno e si è inserita nel solco della “Chiesa della vicinanza” che il Vescovo di Roma sta delineando con sempre maggiore decisione. Il Santo Padre ha inoltre ribadito la necessità di una formazione “solida e integrale”, che vada oltre le competenze tecniche e conduca a una vera trasformazione spirituale e personale, radicata nell’amicizia con Gesù.
“Missionari felici”
Il Papa ha voluto poi sottolineare tre pilastri della vita missionaria e della formazione: coltivare l’intimità con Cristo, vivere una fraternità autentica e condividere la missione con tutti i battezzati. “I missionari non devono dimenticare di essere sempre i primi destinatari del Vangelo”, ha detto, richiamando ciascuno a un “lavoro costante su sé stessi” e al coraggio di lasciar cadere le proprie maschere. Un percorso che, per Prevost, si costruisce nella concretezza della vita: “L’evangelizzazione”, ha ricordato citando Papa Francesco, “è prima di tutto testimonianza dell’incontro personale con Gesù Cristo”.
In contemporanea con il suo discorso ai missionari, Leone XIV ha pubblicato sempre ieri anche il ‘Messaggio per la 111ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato’, prevista per il 4-5 ottobre. Il titolo parla da sé: ‘Migranti, missionari di speranza’.
“Missionari di speranza”
In un testo che ha affrontato con toni espliciti le tensioni geopolitiche attuali (guerre, crisi climatiche, disuguaglianze) il Papa ha affermato che “la tendenza a curare esclusivamente gli interessi di comunità circoscritte è una seria minaccia alla solidarietà globale”. Ma, nel buio di un mondo attraversato da conflitti, sono proprio i migranti a diventare “testimoni privilegiati della speranza.
Con il loro coraggio e la loro tenacia i migranti testimoniano una fede che sfida la morte e cammina nella fiducia di un futuro migliore. Sono chiamati a portare il Vangelo lì dove non è ancora giunto o a ravvivarlo dove si è affievolito”. La loro presenza nelle comunità cristiane, ha spiegato il Pontefice, “è una benedizione, un’occasione per aprirsi alla grazia di Dio”.
Ribadendo che la Chiesa è per sua natura “pellegrina”, Leone XIV ha messo in guardia contro ogni forma di chiusura autoreferenziale: “Ogni volta che la Chiesa cede alla tentazione di ‘sedentarizzazione’ smette di essere nel mondo e diventa del mondo”, scrive, citando Sant’Agostino e san Paolo.
La missione dei migranti, dunque, non è un fenomeno secondario, ma parte integrante della testimonianza cristiana: “Il primo elemento dell’evangelizzazione è la testimonianza: tutti i cristiani sono chiamati a essere veri evangelizzatori. Pensiamo alla responsabilità degli emigranti nei Paesi che li accolgono”, ha ricordato citando Paolo VI.
Costruire una comunità più umana
Nel suo messaggio conclusivo Papa Leone XIV ha affidato alla Vergine Maria tutti i migranti del mondo e coloro che li accompagnano, chiedendo per loro la forza di costruire “un mondo che assomigli sempre di più al Regno di Dio”. Una visione alta, ma radicata nella realtà concreta del nostro tempo. “Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli”, ha chiuso il discorso Prevost, con una citazione che suona oggi come un monito e una speranza per tutta la comunità cristiana.