domenica, 27 Aprile, 2025
Esteri

Forte esplosione nel sud dell’Iran, durante il vertice sul nucleare

Secondo i media a esplodere è stata una petrolieria ormeggiata nel molo, almeno 5 morti e 700 feriti

Una nuova tragedia scuote il Medio Oriente: una violenta esplosione ha devastato il porto di Shahid Rajaee, a Bandar Abbas, nel sud dell’Iran. Secondo fonti della Mezzaluna Rossa iraniana, il bilancio provvisorio è di almeno cinque morti e oltre 700 feriti. Le autorità riferiscono che la deflagrazione ha coinvolto una petroliera ormeggiata al molo, ma non è ancora chiara la causa dell’incidente. L’esplosione è avvenuta mentre a Muscat, in Oman, Stati Uniti e Iran avviavano il terzo round di colloqui sul nucleare, un incontro che, per la prima volta, vede coinvolte anche le rispettive squadre di esperti. Il clima nei negoziati è improntato a un cauto ottimismo. “Se l’unica richiesta degli Stati Uniti è che l’Iran non possieda armi nucleari, un accordo è possibile”, ha dichiarato il capo della delegazione iraniana, Abbas Araghchi, escludendo però categoricamente che i programmi di difesa e missilistici possano rientrare nel perimetro delle trattative. Dal canto suo, il presidente americano Donald Trump, in viaggio verso Roma per i funerali di Papa Francesco, ha ribadito che “preferirebbe un accordo” a una nuova escalation militare.

Gaza: continua blocco aiuti

Intanto, a Gaza, la situazione umanitaria si fa sempre più drammatica. Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Ghebreyesus, ha lanciato un appello urgente: le scorte di medicinali sono quasi esaurite e il blocco imposto da Israele sull’ingresso degli aiuti deve cessare immediatamente. A peggiorare il quadro, il World Food Programme ha annunciato di aver terminato le proprie riserve alimentari nella Striscia. Anche Donald Trump ha dichiarato di essersi mosso presso il premier israeliano Benjamin Netanyahu per facilitare l’accesso degli aiuti a Gaza. “Quelle persone stanno soffrendo. Dobbiamo essere buoni con Gaza”, ha affermato il presidente a bordo dell’Air Force One. Trump ha assicurato che Netanyahu ha accolto positivamente le sollecitazioni americane.

1.800 obiettivi colpiti in 48 ore

Ma mentre si discute di aiuti, la guerra continua. Almeno 21 persone hanno perso la vita nei recenti raid israeliani contro Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, secondo quanto riferito dallo staff dell’ospedale Nasser. Parallelamente, le Forze di Difesa Israeliane (Idf) hanno annunciato l’intenzione di intensificare le operazioni militari se i negoziati per la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas continueranno a ristagnare. Dal 18 marzo, le Idf affermano di aver colpito più di 1.800 obiettivi, con un’ulteriore accelerazione nelle ultime 48 ore.

Hamas: disarmo non negoziabile

Sul fronte diplomatico, una delegazione di Hamas ha incontrato ieri al Cairo i mediatori egiziani. Il gruppo armato ha ribadito che il proprio disarmo non è negoziabile. Nonostante il fallimento delle precedenti trattative, i colloqui puntano ora a esplorare “nuove idee” per un cessate il fuoco. Secondo fonti egiziane, l’Egitto avrebbe proposto a Hamas un accordo “definitivo e globale” per fermare la guerra, con garanzie internazionali che eviterebbero persecuzioni in caso di ritiro dall’amministrazione di Gaza. Tale proposta prevede un periodo di attuazione di circa 45 giorni. Hamas, che ha inviato al Cairo una delegazione di alto livello guidata da Mohamed Daruish, starebbe valutando la possibilità di un ritiro in cambio di una lunga tregua, stimata in cinque anni, e della liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora detenuti nella Striscia. Attualmente, risultano prigionieri 59 ostaggi, di cui 35 presumibilmente deceduti. Resta il nodo dell’accettazione da parte israeliana di un accordo che, de facto, vedrebbe Hamas sopravvivere come entità politica e militare a Gaza, anche se privo del controllo amministrativo diretto.

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