domenica, 23 Febbraio, 2025
Spettacoli

Straordinario successo dello spettacolo “Elena la matta”. Intervista alla drammaturga Elisabetta Fiorito

 

Esiste un modo di mettere a tacere senza imbavagliare: attribuire ad una voce la radice della follia. Fatto questo, nessun pensiero, nessuna spiegazione, nessun grido saranno raccolti, ascoltati. Lo ha scoperto inghiottita dal terrore e dal silenzio Elena, dolente protagonista dello spettacolo “Elena la matta”, interpretata da una straordinaria Paola Minaccioni, che dà carne e voce, in una densissima e vibrante recitazione a una storia indimenticabile. Lo spettacolo, che ha registrato il tutto esaurito dal 5 al 16 febbraio al Sala Umberto

di Roma, è scritto da Elisabetta Fiorito, con la regia di Giancarlo Nicoletti e con le musiche dal vivo originali di Valerio Guaraldi. Esaurita con grandissimo successo di pubblico e critica la tappa romana, tanto da aver ottenuto nuove date a giugno, lo spettacolo sarà in scena al prestigioso Teatro Carcano di Milano dal 27 febbraio al 2 marzo, per poi essere l’otto marzo al Nuovo Cinema Paradiso di Melendugno (Le).

Il 16 Ottobre 1943 le SS Naziste rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000 ebrei della comunità romana. Fra questi c’è una donna, Elena Di Porto, che fino alla sera prima ha provato ad avvertire gli abitanti del ghetto del pericolo imminente. Nessuno, però, le ha dato retta, perché Elena era considerata la “pazza” del quartiere ebraico. Ma chi era questa moderna Cassandra che nessuno ha voluto ascoltare?

Elena Di Porto era un’abitante del ghetto di Roma dal carattere particolare: dichiarata pazza dal regime, non lo era affatto. Nata nel 1912 da un’umile famiglia ebraica, Elena era una donna dal carattere singolare e ribelle, profondamente anticonformista. Separata dal marito, indipendente, antifascista convinta e temeraria, poco disposta ad accettare passivamente ogni forma di sopruso, soprattutto nei confronti degli altri.

Lo spettacolo, scritto da Elisabetta Fiorito, giornalista parlamentare di Radio 24, drammaturga e scrittrice, è

liberamente ispirato al libro storico del ricercatore archivista Gaetano Petraglia, La Matta di Piazza Giudìa, edito dalla Giuntina, che, attraverso documenti d’archivio inediti e testimonianze orali, ricostruisce con precisione la vita di questa donna straordinaria. Il pensiero creativo e la ricerca di Elisabetta Fiorito hanno costruito una narrazione che restituisce l’anima profonda di Elena, un’anima trasparente in un tempo preda delle tenebre. Di seguito l’intervista alla drammaturga;

Come nasce questo spettacolo?
Lo spettacolo nasce una mattina mentre prendevamo un cappuccino io, Ariela Piattelli e Raffaella Spizzichino, organizzatrici di Ebraica- Festival Internazionale di Cultura. Mi hanno chiesto un monologo e io ho pensato alla storia di Elena Di Porto che veniva considerata matta ma che in realtà è un’eroina che ha cercato di avvertire gli ebrei della deportazione da parte dei nazisti. Eravamo sedute al bar a due metri dalla pietra d’inciampo che ricorda Elena. Da lì, mi sono documentata attraverso la prima testimonianza “16 ottobre 1943” di Giacomo DeBenedetti, poi con il libro del ricercatore Gaetano Petraglia “La Matta di Piazza Giudia”, i racconti familiari del nipote Marco Di Porto e le memorie di Settimia Spizzichino, l’unica donna a tornare da Auschwitz. Per i riferimenti storici, ho intervistato lo storico David Kertzer, autore di “Un Papa in guerra” e molti altri libri.

A Paola Minaccioni è piaciuta la storia e abbiamo fatto un primo reading ad Ebraica. Poi Paola ha chiamato Valerio Guaraldi che ha composto le musiche e ha trovato Claudio Giusti per il sax. Da lì, la Fondazione Museo della Shoah ha finanziato lo spettacolo per gli 80 dal rastrellamento del Ghetto e l’abbiamo messo in scena, sempre in forma di reading ma con musiche originali e con Paola che cantava Le Mantellate, al Teatro India il 15 settembre 2023. A vederci, c’era Giancarlo Nicoletti che è diventato il regista e il produttore insieme a Federica Luna Vincenti della Goldenart. Adesso è uno spettacolo vero e proprio, armonioso, in cui Paola ha avuto anche l’idea di dialogare con i musicisti, di interpretare le pazze che incontra a Santa Maria della Pietà, ma soprattutto di incarnare Lola che Elena incontra durante il confino.

Il tuo impegno a fianco delle donne è di lungo corso, Qual è il messaggio più importante che desideri veicolare con questo spettacolo?
La storia delle donne è da sempre sottovalutata e penso che come giornalista e scrittrice del XXI secolo abbia un dovere: ricordare l’universo femminile da sempre nascosto sotto il peso predominante di quello maschile. Mi piace lavorare con le attrici, con Paola è nata un’amicizia e un rispetto, anche per questo motivo. Sono stufa di un mondo dove parlano sempre gli uomini che ancora oggi alle volte cercano comunque di schiacciarci o emarginarci. Nel mio lavoro, mi ispiro alla frase di Virginia Woolf in “Una stanza tutta per sé: “Consentitemi di immaginare che cosa sarebbe accaduto se Shakespeare avesse avuto una sorella meravigliosamente dotata, chiamata Judith, poniamo. Molto probabilmente Shakespeare frequentò la scuola secondaria, dove è probabile che avesse imparato il latino- Ovidio, Virgilio e Orazio – e gli elementi-base della grammatica e della logica. Nel frattempo, quella sua sorella straordinariamente dotata, immaginiamo, rimaneva in casa”.

Elena non resta a casa ed è il contrario di tutto questo, malgrado viva in un mondo dominato dagli uomini e dalla dittatura fascista, si ribella, viene spedita a Santa Maria della Pietà, ma si separa dal marito, mantiene la famiglia, indossa i pantaloni, gioca a biliardo e tira di boxe. Era una donna che doveva essere riportata alla luce attraverso una grande interprete come Paola Minaccioni.

Qual è stato il momento più difficile e quale il momento più gratificante nel realizzare questa drammaturgia?
Momenti difficili ci sono in tutti i progetti, come drammaturga la difficoltà maggiore consiste nel modellare il personaggio sull’attrice e seguirne i consigli anche sulle battute. Bisogna essere pronte a cambiare una frase, a metterla in un modo meno letterale, in questo si deve sempre ascoltare chi deve andare in scena. E poi ci sono anche dei momenti divertenti. Quando si decide magari di inserire un nuovo personaggio e bisogna creare le sfumature anche se è semplicemente una meteora che però serve a raccontare la storia. Mi ricordo quando abbiamo introdotto la scena del fascista che porta via la palla di stracci ai ragazzini, ci

siamo immaginate l’ombra, il modo in cui Elena rispondeva… insomma, è stato un momento molto toccante.

Mi hai parlato di un grande feeling lavorativo con Paola, ci puoi raccontare qualcosa, un aneddoto in particolare in cui hai percepito che lei era Elena?
Un giorno Paola mi chiama e mi fa: “Betta, io e Valerio – il musicista ndr – alle prove abbiamo deciso che mettiamo un momento musicale su Lola. Sei d’accordo?”. Io ho detto vediamo, proviamo… se pensate che possa andare… Poi appena l’ho visto: boom, era un colpo al cuore, una cosa che ti entrava dentro e che soltanto un’attrice e un musicista potevano immaginare. Questo è il bello del teatro, tu scrivi, ma poi è un’opera comune, si lavora tutti insieme per realizzare uno spettacolo che deve suscitare emozioni. Pian piano che il lavoro procedeva, Paola ai miei occhi diventava sempre più Elena. La parte che mi piace di più, però, non è quando fa Elena ma quando interpreta Lola, l’ha creata completamente lei, fa l’occhiolino al pubblico e inizia a parlare con accento spagnolo. Be’ è incredibile.

Quali sono i tuoi Prossimi progetti?
Il mio impegno continua sulle donne. Ho un altro progetto con Paola Minaccioni, Valerio Guaraldi e Claudio Giusti: Paola racconta Anna, ovvero uno show in cui si narra la vita di Anna Magnani con video, ma anche con dei momenti teatrali e di poesia prodotto da Monica Savarese. Ho scritto una commedia Le Talebane, dove le donne prendono il potere, che ha debuttato al Campania Teatro Festival con Rosaria De Cicco e Massimo Masiello per la regia di AnnaMaria Lorusso che spero di poter riportare in scena. Ho appena pubblicato un libro: Eroine della libertà per il Sole24ore, nove storie di donne ebree che hanno cambiato il mondo. Si parte da una ricamatrice del Ghetto che assiste al Rogo di Giordano Bruno, per passare a Gracia Mendes, Anna Del Monte e arrivare all’epoca dell’emancipazione con Amelia Pincherle Rosselli, Rita Levi Montalcini, Hedy Lamarr. Poi si passa alla formazione dello Stato d’Israele con Ada Sereni e Golda Meir, per cui ho scritto una biografia edita da La Giuntina, e si arriva a Roma quando nella capitale giunge Magda cacciata dalla Libia. Adesso sto scrivendo la storia di un’altra eroina del mondo ebraico, questa volta di epoca risorgimentale, ma la mia battaglia è indirizzata a tutte le donne come c’è scritto anche nella dedica del mio ultimo libro. “Alle eroine di tutte le epoche, alle donne vittime di violenza, a coloro le quali lottano ogni giorno per i propri diritti nel mondo”. La battaglia continua e la guerra è ben lontana dall’essere vinta, pensiamo a quanto sta succedendo in Afghanistan o in Iran. Il mio pensiero va a loro, alle donne che non possono nemmeno più usare la voce o sono messe in prigione e massacrate di botte perché indossano male il velo.

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