martedì, 17 Dicembre, 2024
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La sindrome dell’Hikikomori – isolamento sociale volontario – colpisce almeno 100.000 italiani

L’importazione di usi e costumi ai tempi d’oggi non è difficile, in qualsiasi fascia di età, visto i sistemi di informazione e di comunicazione, oltre al normale scambio culturale. È inevitabile che insieme allo scambio di beni e servizi si apprendono e si assimilano anche abitudini di vita e comportamentali non sempre positivi e neanche portatori di benessere.

Ancora prima dell’importazione accidentale dell’epidemia da Covid-19, con le problematiche ben note, sembra che in Italia già covasse sotto la cenere uno strano fenomeno sociale, presente in Giappone già nella seconda metà degli anni 1980, etichettato Hikikomori, dalle parole giapponesi hiku “tirare” e komoru “ritirarsi o “chiudersi”.

In sostanza ne rimarrebbero coinvolte persone psichicamente deboli, spesso adolescenti già dall’età di anni 14 fino a oltre i trentenni che, deliberatamente, ridurrebbero la loro vita sociale, fino a livelli estremi di isolamento e confinamento, rifiutando il contatto con l’esterno, fatta salva l’occasionale comunicazione ridotta ai sistemi informatici.

Attualmente il fenomeno risulterebbe presente sia negli USA e sia in Europa. Di certo ne è stata scoperta l’esistenza in Italia e proprio in Sicilia, nei mesi scorsi, l’Assemblea regionale (ARS) vi avrebbe dedicato un convegno con sociologi, medici, insegnanti e politici con numerose classi collegate da remoto.

Gli adolescenti italiani autosegregatisi in casa sembra raggiungano ormai numeri che fanno preoccupare; se ne conterebbero circa 100 mila soggetti definiti ‘invisibii’, dei quali neanche i genitori avrebbero ben percepito la portata e la pericolosità del comportamento dei loro figli.

È urgente correre ai ripari prima che il fenomeno assuma dimensioni preoccupanti i cui tipici segnali latenti sono normalmente collegati ai banchi di scuola, con frequenti assenze dei ragazzi, con l’abbandono delle attività sportive di gruppo e, infine, culminante con l’autoreclusione del giovane nella propria stanza ove viene stravolto persino il ritmo sonno-sveglia; mentre l’attività solitaria valica occasionalmente i confini delle quattro pareti, con l’uso di tecnologie digitali. Nelle fasce di età non più scolastica si verifica addirittura l’allontanamento dal mondo del lavoro.

Negli anni del Covid-19 vigeva lo stato di necessità ad imporre un generalizzato isolamento che, indubbiamente, ha lasciato tracce indelebili nelle fasce più deboli in quel momento di crescita e di socializzazione.

Le cause individuali sono da ricercare probabilmente nella carenza di sicurezza, di autostima o per disturbi mentali, alle quali possono contribuire anche delicate e complesse dinamiche familiari. Le problematiche sociali sono le più complesse perché entrano in gioco più componenti ad iniziare dall’eventuale disagio nell’ambito scolastico, nonché a forme di bullismo dentro e fuori le mura scolastiche.

La sindrome degli Hikikomori sembra sia percepita in Italia ormai da oltre un decennio, affermandosi probabilmente sotto mentite spoglie negli ambienti socialmente più  vulnerabili.

La delicatezza del fenomeno, specie per le fasce sociali interessate, merita attenta osservazione e contestuale predisposizione di tutti gli strumenti legislativi e operativi necessari ad evitarne l’espansione, dando nel contempo assistenza specifica individuale e alle rispettive famiglie.

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