Ci risiamo: ritorna il delirio terrorista dal Medio Oriente, ma questa volta, almeno, gli attentati sono stati sventati con operazioni preventive in Germania, Danimarca e Olanda. Quattro sospetti terroristi, collegati con Hamas, sono stati arrestati in Germania e Olanda. Sette in Danimarca. Le agenzie di intelligence israeliane, Mossad e Shin Bet si sono congratulate con i colleghi europei, aggiungendo che “Hamas si sforza di espandere le sue capacità operative in tutto il mondo e in Europa in particolare per realizzare le sue ambizioni di colpire ad ogni costo obiettivi israeliani, ebraici e occidentali.” Il ministro della Giustizia tedesco, Marco Buschmann, ringraziando le forze dell’ordine ha affermato che sarà fatto “tutto il possibile per garantire che gli ebrei del nostro Paese non debbano tornare a temere per la propria sicurezza”. La premier danese Mette Frederiksen si è detta “contenta” del lavoro fatto “ma questo dimostra il tipo di situazione in cui ci troviamo in Danimarca, purtroppo.” La polizia danese ha dichiarato che non può entrare in dettaglio per non danneggiare le indagini: “non possiamo dirvi le motivazioni o quali oggetti volevano colpire”, ha dichiarato il capo operativo del ramo d’intelligence della polizia danese, Flemming Drejer. “Ci sono legami con l’ambiente delle gang criminali, in particolare con LTF (Loyal To Familia), con persone che vivono in Danimarca e all’estero.”
Israele usa “bombe stupide”
Mentre la violenza viene esportata, a Tel Aviv c’è stato l’incontro tra il premier Benyamin Netanyahu e il consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan per tentare di fermare la guerra. Alla riunione hanno partecipato anche il consigliere nazionale israeliano Tzachi Hanegbi e l’inviato speciale del presidente Usa per il Medio Oriente Usa Brett McGurk. Un incontro che viene in giorni di tensione tra l’Amministrazione americana e il Governo israeliano per le modalità di conduzione dell’operazione militare in risposta all’assalto di Hamas del 7 ottobre. Israele ritiene che“per smantellare un’organizzazione che è stata costruita per anni solo per scopi terroristici e per liberare Gaza da Hamas, sono necessari più di pochi mesi”, mentre la Casa Bianca sostiene che va alleggerita la pressione, soprattutto per la popolazione civile della Striscia. Tanto che ieri l’intelligence Usa ha fatto trapelare la notizia secondo la quale “il 45% delle bombe israeliane su Gaza sono stupide”; ovvero non guidate e quindi inadatte a colpire obiettivi specifici. L’amministrazione Usa sta anche ritardando la vendita di fucili a Israele come ritorsione per gli attacchi di coloni ebraici contro civili palestinesi in Cisgiordania.
Israele aumenta budget per la guerra
Il ministro Gallant ha ringraziato gli Stati Uniti per “l’aiuto incondizionato”, ma ha anche parlato di “guerra lunga”. Una risposta alla richiesta degli Stati Uniti che avrebbero sollecitato Israele a concludere l’operazione a Gaza entro la fine dell’anno. E da ieri, infatti, Israele ha anche stabilito un budget supplementare per il 2023, destinato a coprire i costi della guerra con Hamas. La decisione è stata approvata dalla Knesset con 59 voti a favore e 45 contrari. Il budget comprende circa 29 miliardi di shekel (quasi 8 miliardi di dollari) per coprire maggiori spese militari e civili come l’alloggio per gli sfollati israeliani dalle città vicino a Gaza e al confine con il Libano. Comprende anche finanziamenti sostanziali per numerosi progetti del ministero delle Colonie. Intanto, nel 69esimo giorno di guerra, Israele ha messo anche una taglia di 400 mila dollari sul leader di Hamas, Yahya Sinwar.
Le trattative per gli ostaggi
Mentre sembrano riaprirsi spiragli di trattativa per liberare gli oltre cento ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Sarebbero 138, 11 dei quali di nazionalità straniera, 17 donne, 5 coscritti di servizio regolare, altri coscritti di riserva, oltre ad un certo numero di anziani, i corpi di una madre e dei suoi due figli e quelli di due anziani. L’Egitto e il Qatar sono sempre in prima linea per tentare una soluzione, ma ieri, secondo fonti egiziane, le autorità del Qatar avrebbero espresso “insoddisfazione per il modo in cui Israele ha gestito la situazione durante la tregua precedente.” Il capo della sezione politica di Hamas, Bassem Naim, avrebbe comunque dichiarato che non c’è alcun negoziato in corso, ma ci sarebbe comunque stata una telefonata tra il capo dei servizi segreti egiziani, il maggiore generale Abbas Kamel, e il capo del Mossad, David Barnea. Purtroppo è anche stata annullata la missione del capo del Mossad in Qatar. Insomma notizie confuse e contrastanti che fanno crescere l’apprensione e l’ira delle famiglie che hanno ancora loro cari sequestrati e che si dicono “scioccati” dalla situazione di stallo e chiedono una “spiegazione immediata” al primo ministro Netanyahu.
Putin: Gaza diverso da Ucraina
Ieri si è fatto sentire anche il Presidente russo, Vladimir Putin, che ha definito una “catastrofe” la situazione di Gaza e ha anche spiegato che non è paragonabile all’operazione in Ucraina. Lo “zar” ha rivelato che Israele non ha acconsentito all’apertura di un ospedale a Gaza perché non sarebbe stato sicuro. “Ho parlato con il presidente egiziano e lui ha detto di sì. Ha sostenuto l’idea. Ho parlato con il primo ministro Netanyahu e hanno consultato varie agenzie di sicurezza. Per la parte israeliana non era sicuro aprire un ospedale russo a Gaza”, ha detto Putin durante la conferenza stampa di fine anno. Israele, comunque, ha acconsentito ad aumentare gli aiuti umanitari. Poi Putin ha anche indicato il Presidente turco Erdogan persona che ha “un ruolo leader sulla questione della Striscia di Gaza.”
Pahlavi: Iran finanzia terroristi
In giornata l’agenzia italiana Adnkronos ha anche divulgato una lunga intervista a Reza Ciro Pahlavi, il figlio dell’ex Shah di Persia (Iran), Mohammad Reza Pahlavi, rovesciato nel 1979 dalla rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Ruhollah Khomeini. “L’unica soluzione al conflitto israelo-palestinese e, più in generale, alla pace in Medio Oriente”, ha risposto, tra l’altro, Pahlavi, “è il crollo della Repubblica islamica in Iran che sta finanziando, aiutando e dirigendo gruppi terroristici come Hamas per seminare caos e instabilità nella regione.” Il figlio maggiore dello Shah ritiene che “un Iran democratico” possa diventare “il fulcro della stabilità in Medio Oriente”, proprio come lo era prima del 1979, quando Teheran aveva “ottimi rapporti” sia con Israele che con i suoi vicini arabi. “Condividiamo un antico legame biblico con il popolo ebraico. Infatti, il giorno dopo la mia visita in Israele, gli iraniani in uno stadio di pallavolo hanno gridato cori pro-Israele con una mossa senza precedenti”, ricorda, precisando che il sentimento anti-regime non riguarda solo gli iraniani della diaspora.
Iran minaccia gli Stati Uniti
Mentre dall’Iran sono arrivati avvertimenti minacciosi agli Stati Uniti. Se metteranno in pratica la proposta “irrazionale” di schierare una coalizione navale nel Mar Rosso per proteggere le navi mercantili contro gli attacchi Huthi, ci saranno “problemi straordinari”, hadichiarato il ministro della Difesa, il generale di brigata Mohammad Reza Ashtiani. “Nessuno può fare movimenti in una regione gestita da noi”, ha detto Ashtiani. La scorsa settimana, gli Stati Uniti hanno dichiarato che stanno studiando lo spiegamento di una forza navale internazionale insieme ad altri paesi alleati per far fronte agli attacchi alle navi nel Mar Rosso da parte dei ribelli Huthi dello Yemen.
Cohen: Croce Rossa fallisce sua missione
Mentre il ministro degli Esteri israeliano, Ely Cohen, ha polemizzato con la Croce Rossa Internazionale perché “da 67 giorni fallisce nella sua missione di raggiungere i rapiti, ottenere prove che siano in vita, controllare le loro condizioni e fornire loro le medicine essenziali. Ogni giorno che passa è un ulteriore fallimento della Croce Rossa”. Lo ha detto il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, incontrando la presidente del Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) in visita, Miriana Spoliaritz. Il ministro ha invitato la presidente della Croce rossa a fare rapidamente visita agli ostaggi israeliani in mano a Hamas, sottolineando l’urgente necessità di assistenza medica per coloro che ne hanno bisogno.
La guerra dei numeri di telefono
La guerra tra Israele e Hamas passa anche per i numeri di telefono: dopo il voto sulla risoluzione Onu che chiede il cessate il fuoco immediato, l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, ha mostrato il numero di Yahya Sinwar, leader di Hamas, esortando a chiamarlo per mettere fine al conflitto. Ieri il Movimento islamico ha risposto con lo stesso metodo e ha diffuso il numero di telefono dell’ambasciatore. Da allora, riferiscono i media israeliani, Erdan ha ricevuto molti insulti e minacce di morte sul telefono.