L’atteggiamento di Meloni sulle iniziative giudiziarie che riguardano persone del suo partito e del governo è ormai chiaro. Poiché lei è sempre stata dalla parte dei giudici quando era all’opposizione non capisce perché nei confronti della sua squadra debbano essere usati gli stessi metodi che una parte dei magistrati ha utilizzato in passato nei confronti di una politica che era apertamente in conflitto con l’ordine giudiziario. E quindi ribatte colpo su colpo quando ritiene che ci siano “anomalie” nel comportamento di alcuni magistrati.
Chi si aspettava che per difendere i suoi, Del Mastro e Santanchè, si arrampicasse sugli specchi o si avventurasse in una filippica contro i giudici è rimasto deluso. Non ne ha avuto bisogno perché in entrambi i casi le è bastato ricordare i fatti: un sottosegretario per il quale la pubblica accusa chiede l’archiviazione e per il quale, invece, un Gip dispone l’imputazione coatta e una ministra che viene a sapere di essere indagata da un giornale il giorno in cui va a riferire in Parlamento.
Di fronte a queste che definisce “anomalie” Meloni ha gioco facile nel sollevare perplessità e dubbi .Ma non per questo apre il fuoco contro i giudici. Anzi tiene a precisare che non vuole uno scontro con i magistrati, pur non sconfessando la nota risentita di Palazzo Chigi di qualche giorno fa.
Tutto questo dovrebbe preludere ad un’accelerazione della tanto attesa riforma Nordio, in gestazione da 9 mesi e che dovrebbe approdare presto in Parlamento. Sullo sfondo rimane la separazione delle carriere su cui Meloni non arretra di un millimetro. Quanto alle dimissioni di Santanchè in caso di avviso di garanzia , il Presidente del Consiglio ribadisce che non c’è alcun automatismo. Su questa linea ferma nei prossimi giorni bisognerà verificare la compattezza della maggioranza.
Per il resto, nella conferenza stampa, Meloni ha ribadito che sul Pnrr le preoccupazioni sono eccessive infondate e che l’entità degli aumenti della spesa militare sarà definito nella legge di Bilancio.