Un assalto in piena regola, di notte, all’autocarro su cui viaggiavano gli otto agenti compreso il loro Commissario – riuscito a salvarsi insieme ad altri due agenti – compiuto con determinazione ed efferatezza con armi da fuoco e bombe a mano.
È la sera del 2 luglio del 1949 quando il brigantaggio fa sentire la sua presenza con un ennesimo fatto di sangue mediante un grave attentato ad un mezzo della pubblica sicurezza. I cinque poliziotti che vi lasciano la vita, dopo 74 anni, sono ricordati sul luogo della strage con una solenne cerimonia dalle Autorità civili e militari.
L’attentato è attribuito alla banda facente capo al famoso brigante Salvatore Giuliano, che, nonostante la sua giovane età, è già noto alle forze dell’ordine per le sue imprese criminali. La visibilità del bandito Giuliano (cl.1922 ) inizia, infatti, giovanissimo, il due settembre del 1943, a seguito della sua prima vittima, in San Giuseppe Jato, dell’appuntato dei carabinieri Antonio Mancino (cl. 1919), originario di Sparanise, provincia di Caserta, anche questi prima vittima della mafia.
Da quel momento inizia la latitanza di Giuliano, a seguito della ricerca assidua da parte di tutte le forze dell’ordine, fino a quando essa si conclude il 5 luglio del 1950, quando viene rinvenuto morto con ferite di arma da fuoco, caduto anch’egli, evidentemente, in un conflitto a fuoco ed in circostanze non meglio precisate.
Ovviamente nelle gravità degli attentati e a lui attribuiti come capo, si affermava il ruolo del brigantaggio che dominava il territorio con la forza dell’intimidazione e dell’omertà, sui cui presupposti, solamente negli anni 1982 si codifica l’articolo 416 bis del c.p. a seguito dell’uccisione di Pio La Torre, il 30 aprile 1982 e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il successivo 3 settembre dello stesso anno 1982, avvenuti in Sicilia.
A perire nell’imboscata sulla Via Portella della Paglia, a conclusione del conflitto a fuoco, sono ben cinque poliziotti ai quali il 2 luglio scorso si scopre una targa proprio nel luogo dell’eccidio, coi loro nomi ed esattamente: 1) Carmelo Agnone, 2)Candeloro Catanese ; 3) Carmelo Lentini ,4) Michele Marinaro ; 5) Quinto Reda
Le motivazioni ed anche le modalità e le circostanze negli attentati di un certo livello criminale sono tante, complesse e intrecciate, ed – immancabilmente – vi sono più elementi che ne facilitano il risultato, tra cui complicità dirette e/o indirette oltre a quell’humus locale favorevole.
L’attentato avviene in un zona di montagna del Comune di Monreale, appunto nella frazione di Portella della Paglia tra San Giuseppe Jato e il capoluogo di Palermo.
Siamo in un periodo molto delicato che si svolge attorno alla ricerca di spazi di sopravvivenza tra il banditismo e la forza della legalità, cioè dello Stato.
Il fenomeno si diffonde in Sicilia quasi a partire dal 1945, quando Salvatore Giuliano, già maggiorenne e con il primo omicidio del carabiniere sulla coscienza, soprannominato “il re di Montelepre”, luogo di nascita, condanna, pubblicamente, a morte tutti gli sbirri (termine già attribuito agli agenti di polizia di governi del Medioevo e del Rinascimento, per la sorta di mantella rossa, giubba, che le guardie indossavano), con le testuali parole delle quali oggi se ne possono attualizzare le interpretazioni: “A morte i sbirri succhiatori del popolo siciliano e perché sono i principali radici fascisti, viva il separatismo della libertà”.
E il 20 aprile 1947 la Sicilia, per la prima volta, va alle urne per eleggere l’Assemblea Regionale, la prima a Statuto Speciale ed anche il così detto primo Parlamento Italiano, ad autonomia speciale a cui seguono le altre 4 Regioni italiane, come afferma l’articolo 116 della Costituzione, entrata in vigore l’anno successivo.
Alle suddette aspre parole sono seguite azioni criminali con proiettili e bombe, mietendo giovani vite nelle forze dell’ordine che, per proteggere il loro popolo, si sono sacrificati le loro vite.
Il primo maggio del 1947 vi fu la famosa strage di “Portella della Ginestra” in occasione del giorno della festa dei lavoratori, conosciuta come la prima strage di Stato, con ben 11 morti, tra cui due bambini.
Ma, tornando alla strage della Portella della Paglia, è fondamentale ricordarne le vittime e il dolore dei loro familiari, rinnovati il 2 luglio in occasione della cerimonia con la deposizione della targa suddetta.
I poliziotti erano del reparto in San Giuseppe Jato dove era ubicato “l’ufficio della Settima Zona dei Nuclei mobili dell’Ispettorato generale della Pubblica `Sicurezza per la Sicilia”.
Quella sera, insieme ai cinque giovani agenti di polizia sul camioncino diretto a Palermo perché ivi convocato dal Presidente della Regione siciliana, l’ispettore generale di PS, Ciro Verdiani, vi era il commissario Mariano Lando’, rimasto miracolosamente illeso.
Le circostanze di tempo e di luogo, scelte non a caso, ne favoriscono enormemente l’esito dell’imboscata, mentre tra i feriti vi sono Blundo classe 1927, di Scicli (Ragusa) e l’autista Carmelo Gucciardo, classe 1924, di Agrigento.
Le cinque vittime che ora, dopo 74 anni, vengono ricordate sul luogo della strage sono: Michele Marinaro (radiofonista), 26 anni di Cerignola (FG); Carmelo Agnone, 28 anni, di Scordia (CT); Quinto Reda, 27 anni di Rogliano (CS); la guardia scelta Carmelo Lentini, 23 anni di Agrigento e Candaloro Catanese , 29 anni, di Villafranca Tirrena (ME) e Giovanni Blundo, 22 anni.
Sospetti vari e strane circostanze spinge l’allora Ministro dell’Interno Mario Scelba a disporre di una commissione d’inchiesta che non apporta alcun risultato, mentre l’indignazione, insieme al vuoto, permangono, soprattutto, negli animi dei familiari delle vittime, dei loro colleghi, oltre che nella gente comune nell’avere fiducia nelle Istituzioni democratiche.