Mentre la folta comunità dei maniaci di computer si interrogava su quel che sarebbe potuto accadere in conseguenza del blocco degli accessi a Chat GPT (ovvero al più famoso fra i siti Internet che offrano la possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale per gli usi consentiti e – aggiungo io – anche per quelli non consentiti), in quei giorni vigente in Italia, ho sorpreso Kurt il marziano ad interrogare il mio portatile, accedendo al suddetto sito come se non fossimo su suolo nazionale.
Pensando che Egli avesse fatto ricorso a una delle tante diavolerie che riesce ad imbastire utilizzando le proprie qualità di extraterrestre, gli ho chiesto come avesse fatto di ingannare la mia macchina, facendole credere di averla trasportata in altro luogo del mondo, dove il Garante della Privacy preferisce occuparsi di altro.
Nessun inganno! – Mi ha risposto – ho semplicemente utilizzato una VPN per accedere; potresti farlo agevolmente anche tu, visto che una VPN – che sta per Virtual Private Network (Rete Privata Virtuale) altro non è che un tipo di servizio capace di farti connettere a Internet senza che la rete possa riconoscere il luogo nel quale Ti trovi al momento della connessione.
Ti faccio un esempio, ha continuato: quando ti connetti a Internet normalmente, i dati che invii e ricevi passano attraverso la rete del tuo fornitore di servizi Internet (ISP). Quei dati, se non sono crittografati, potrebbero essere intercettati o visti da altre persone o organizzazioni, inclusi gli hacker o il tuo stesso ISP (per non dire dell’investigatore di turno, al soldo dei servizi segreti di qualche autorità a Te ostile), ma utilizzando la VPN questo non può accadere.
Ecco come funziona una VPN, mi ha spiegato il Marziano con la sua solita aria saputella: immagina di avere un tubo speciale che connetta il tuo dispositivo (come un computer o un telefono) a Internet. Quando attivi la VPN, tutti i dati che invii o ricevi passano attraverso quel tubo; ma il bello è che il tubo è completamente sigillato e sicuro, in modo che nessuno possa vedere o toccare i dati che passano attraverso di esso. Inoltre, quei dati sono crittografati, il che significa che – anche se qualcuno riuscisse a ottenerli – non potrebbe comunque leggerli.
Di fronte ad una spiegazione in apparenza così chiara da continuare a non farmi capire nulla, sono rimasto in silenzio, sperando che i passi successivi del Suo ragionamento mi consentissero di superare la mia ignoranza dell’informatica.
Il Marziano deve però aver capito la difficoltà di comprensione che mi attanagliava, perché ha così proseguito: un altro vantaggio delle VPN è che possono far sembrare che uno di noi si stia connettendo a Internet da un luogo diverso da quello in cui egli si trovi realmente.
Quindi, se ti trovi in Italia e vuoi guardare un programma TV che è disponibile solo negli Stati Uniti, potresti usare una VPN per far sembrare che ti stia connettendo dagli Stati Uniti e questo ti permetterebbe di guardare il programma trasmesso e destinato ai soli abbonati che si trovino su un territorio determinato.
In sintesi, una VPN ti aiuta a mantenere privati e sicuri i tuoi dati quando ti connetti a Internet, e può anche aiutarti a accedere a contenuti che altrimenti non potresti vedere a causa della tua posizione geografica.
A quel punto – dopo aver almeno compreso che non era necessario addentrarsi negli aspetti tecnici della VPN per poterla utilizzare – ho chiesto Kurt di offrirmi un esempio pratico del suo funzionamento; magari un esempio vicino ai miei interessi professionali, come potrebbe essere l’acquisizione di qualche notizia imbarazzante che riguardi il titolare di un qualunque potere pubblico, senza però che costui possa identificare me o il luogo dal quale la mia richiesta di informazioni provenga.
Il Marziano mi ha allora suggerito di chiedere a Chat GBT di indicarmi almeno un caso in cui qualche magistrato inquirente avesse violato, in Italia, il divieto di ricorrere alla tortura per acquisire elementi idonei ad ottenere la condanna di un indagato, senza dimenticare che il nostro Paese è stato quello dove è stata inventata l’inquisizione, prima che questa forma di indagine si diffondesse in altre parti del mondo.
Consegno al lettore la risposta testuale alla mia domanda: “Come modello di intelligenza artificiale – ha scritto il mio interlocutore virtuale – non ho accesso a informazioni in tempo reale o a casi specifici che siano avvenuti dopo la mia data di formazione (settembre 2021). Pertanto, non posso fornire informazioni aggiornate su casi specifici in cui i magistrati inquirenti abbiano violato il divieto di ricorrere alla tortura in Italia, ma non posso escludere che questo sia talvolta accaduto.
Tuttavia, posso dirti che la tortura è severamente vietata in Italia, così come in molti altri Paesi, e la sua pratica è considerata un crimine. L’Italia è parte di trattati internazionali, come la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, che vietano chiaramente la tortura e impegnano gli stati ad adottare misure per prevenirla e perseguirla.
Se sospetti che si sia verificata una violazione del divieto di tortura da parte di un magistrato inquirente, è importante rivolgersi a un avvocato o a un’organizzazione specializzata in diritti umani per ricevere consulenza legale e assistenza nella presentazione di un reclamo o di un’azione legale appropriata.”
A leggere quanto sopra, ho detto a Kurt di aver avuto l’impressione che persino l’intelligenza artificiale potesse essere stata influenzata nel fornirmi la sua risposta – dalle “Osservazioni sulla Tortura” di Alessandro Verri, autore di quel trattato radicale che critica il ricorso alla tortura nei sistemi giudiziari: pubblicato nel XVIII secolo, durante il periodo dell’Illuminismo, è tuttora considerato un esempio notevole del pensiero umanista e delle idee di giustizia e diritti umani che stavano emergendo in quel periodo.
Il Marziano mi è parso particolarmente interessato alla questione e così ho provato a spiegargli come l’opera di Verri sottolineasse l’inutilità e la barbarie della tortura, sostenendo che non solo fosse inumana, ma anche un metodo inaffidabile per ricavare la verità: le sue idee si allineavano infatti con i concetti illuministi di razionalità, umanità e diritti fondamentali dell’individuo, e il suo lavoro ha influenzato la visione di molti pensatori successivi sul rapporto fra giustizia penale e diritti umani.
Ancora una volta però Kurt mi ha sorpreso, cavando dalla mia biblioteca una datata edizione di quell’opera, e aggiungendo per soprammercato un altro volume – intitolato alla “Teoria generale del Diritto e dello Stato”, scritto un paio di secoli dopo da Hans Kelsen, uno dei più influenti giuristi del Novecento – che illustrava una teoria, secondo la quale ogni ordinamento giuridico altro non è che un sistema di norme derivato dalla volontà dello Stato, indipendentemente da considerazioni etiche o morali: Kelsen vedeva dunque lo Stato stesso come un’entità neutra costituita dagli umani per creare e applicare gli atti normativi che tutti dovremmo conoscere.
Il Marziano mi ha fatto a quel punto osservare – sorprendendomi ancora di più – come, sebbene Kelsen non si riferisse direttamente al pensiero di Verri, fosse comunque possibile tracciare delle connessioni tra le loro idee, almeno perché Entrambi criticavano il ricorso alla tortura come metodo di applicazione della legge, sebbene per ragioni diverse (Kelsen lo avrebbe fatto sulla base del principio che lo Stato dovrebbe operare secondo le norme legali stabilite, mentre Verri si sarebbe invece concentrato sulla critica morale e umanista della tortura): perciò – nonostante i differenti punti di partenza – entrambi quei giuristi avrebbero contribuito a fornirci conoscenze più ampie della funzione dello Stato, per meglio consentirci di riflettere sull’importanza della legge e della giustizia in una società democratica, che può essere definita tale finché riesca a sconfiggere manifestazioni di un qualunque pubblico potere che – nel manifestarsi come tale – possa diventare devastante, come lo fu, appunto, l’inquisizione che utilizzava la tortura come mezzo di ricerca della verità.
Passata la mia iniziale meraviglia per i ragionamenti del Marziano, mi però venuto il sospetto che Egli possa aver utilizzato – per sorprendermi – strumenti dell’intelligenza artificiale ben più avanzati di quelli che si stanno appena adesso affacciando sul nostro glorioso pianeta.