Ogni inizio d’anno, in Italia, è caratterizzato da un fenomeno che quasi mai assurge agli onori della cronaca.
Si tratta di un evento che, a sua volta, trova le radici in un altro fenomeno raramente registrato, che si verifica sul finire dell’anno precedente.
Fenomeni quasi insignificanti, se non fosse che comprovano, per l’ennesima volta, la nulla considerazione che lo Stato ha nei confronti dei suoi “sudditi”: neppure penso di poter chiamare cittadino la persona che viene costretta a quell’umiliante trattamento.
Il fenomeno che avviene a fine anno e che è all’origine di tutto, è molto facile da spiegare.
La nostra legislazione fiscale e contributiva ha spostato all’ultimo giorno dell’anno il termine di prescrizione (di durata varia) di accertamenti e richieste di pagamenti di imposte, tasse e contributi.
Ciò significa che ciascun funzionario dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inps o di altri enti ed esattori vari, si deve preoccupare di verificare le pratiche trascurate o che non ha avuto il tempo di trattare e di procedere, entro il 31 dicembre, ad inviare al suddito di turno la “raccomandata con ricevuta di ritorno” che lo salverà dalla quasi sicura azione di responsabilità amministrativa della Corte dei Conti, particolarmente attenta a colpire i danni “da prescrizione”: cioè le mancate entrate erariali derivanti dalla mancata richiesta entro, per l’appunto, il termine di prescrizione.
Quindi, in barba alle dichiarazioni di “pace fiscale” e alla garanzia di un periodo natalizio senza richieste di pagamento da parte dello Stato (profferte politiche: quindi promesse destinate per loro natura ad essere disattese), centinaia di migliaia di persone, se non addirittura milioni (non ci sono dati ufficiali), ricevono ogni dicembre la famigerata “raccomandata”.
Anzi, la stragrande maggioranza di loro, specie chi abita in grandi città ed in condomini senza portiere, ricevono l’avviso di mancata consegna della “raccomandata”: da andare a ritirare alla casa comunale o alla posta, a seconda dei casi. A pensar male si fa peccato e a generalizzare pure, ma in base alla mia esperienza personale il sospetto che spesso l’agente incaricato della consegna neppure provi ad eseguirla, trovando più comodo lasciare un avviso nella cassetta delle lettere, è molto forte.
Da tutto ciò il conseguente fenomeno dell’inizio d’anno.
L’ammasso nello stesso periodo di invio di raccomandate non consegnate, determina file interminabili negli uffici comunali o postali per ritirare il non gradito buon Natale dall’Erario.
Code, ovviamente, svolte nella maniera più disagevole, con alzataccie all’alba, attese all’esterno e al freddo di dicembre e poi all’interno, faticosamente guadagnato.
Così il fittizio spostamento della prescrizione a fine anno, oltre a determinare un prolungamento della prescrizione anche considerevole (sostanzialmente di un anno, per un atto che decorrerebbe dal gennaio e che anziché scadere a gennaio di un determinato anno posteriore venga prorogato fino al dicembre successivo), causa anche un’altra fastidiosa penitenza personale.
Ma anche un danno sociale, se si conteggiano le migliaia di ore perse. Che si potrebbero risparmiare con un controllo sulle consegne e con un po’ di buon senso o se venisse consentito il ritiro elettronico, con un sistema però semplice. Non lo sono quelli progettati per lo Stato: in un mondo elettronico che è friendly persino nelle applicazioni delle Banche: avendone la disponibilità potrei fare un bonifico di un milione di euro dalla sdraio sotto un pino, ma non posso pagare una decina di Euro di imposta, senza spostarmi da casa, senza l’apposito modulo e senza un soggetto mediatore.
Non sarà granché, ma anche dai piccoli particolari, dall’attenzione sulle piccole cose, emerge il rispetto che lo Stato deve ad ogni cittadino.
E che forse non sarebbe così disagevole, per lo Stato, perseguire “minuzie”: cominciamo da qui?