Sull’economia internazionale e soprattutto sull’Italia pesano le incertezze geopolitiche della crisi in Ucraina, l’impatto dei costi dell’energia e il rialzo dei tassi di interesse. Ne parliamo in questa intervista con il prof. Ubaldo Livolsi, banchiere ed advisor, esperto internazionale di mercati finanziari.
Prof. Livolsi, la crisi tra Russia e Ucraina, si ripercuote sui mercati e i listini europei che lunedì scorso hanno bruciato 201 miliardi, con uno spread che sale a 168. Come commenta questi dati?
In queste ore stiamo vivendo frangenti molto preoccupanti. I mercati registrano quanto sta avvenendo al confine tra Ucraina e Russia e le conseguenze si fanno sentire sulle Borse, con quella di Mosca che affonda (-8%). Putin ha riconosciuto le repubbliche indipendentiste del Donbass e ordinato al suo esercito di entrare nel loro territorio. Alcuni paventano anche l’intenzione di tagliare a fette il paese ucraino, con la Russia che potrebbe occupare le zone prevalentemente russofone e dove è più diffusa la religione ortodossa, arrivando fino ai confini della Bielorussia e sul Mar Nero includendo anche Odessa. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, dice: “Non cederemo niente”. USA, UE e UK hanno subito annunciato pesanti sanzioni economiche. È evidente che i mercati di fronte a tale scenario non possano che reagire come stanno facendo. A maggior ragione, l’intero quadro è peggiorato e reso complicato dal fatto che i mercati erano proiettati su aspettative ripresa, adesso che siamo uscendo e lasciandoci alle spalle la pandemia e con la mole straordinario di investimenti statali che sono stati fatti da una parte e dall’altra dell’oceano. Dipenderà molto da come si svilupperanno gli eventi e se si andrà o meno verso una risoluzione diplomatica.
Dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, l’Italia avrebbe solo da perderci. Oltre all’incertezza sui mercati finanziari, il nostro Paese ci rimetterebbe in termini economici, il 38% del gas che tutti noi utilizziamo in Italia e in Europa arriva proprio da Mosca, si potrebbe creare una situazione di shock all’approvvigionamento che manderebbe in crisi tutto il paese, bisognerebbe pensare ad un’alternativa al gas russo?
Il momento attuale ha riproposto il tema essenziale dell’energia, che in un mondo globalizzato come questo, non può dipendere dalle contingenze imprevedibili, come quella che sta accadendo ai confini dell’Europa. Non dimentichiamo che la Russia si sta arricchendo notevolmente, con il costo del petrolio che è intorno ai 90 dollari al barile e che per molto tempo rimarrà alto anche se lo scontro dovesse rientrare. Per quanto riguarda il nostro Paese, il caro bollette sta avendo impatti molto pesanti sulla vita delle famiglie e delle imprese. Il Governo con l’ultimo provvedimento di fine settimana scorsa ha stanziato ulteriori sei miliardi per frenare i rincari dell’energia. Il premier Mario Draghi ha anche sostenuto che produrremmo più gas italiano. Alcuni hanno replicato che per raggiungere una maggiore autarchica bisognerebbe attivare nuovi giacimenti, procedura che richiede anni di più tempo. Si dibatte anche sul nucleare di nuova generazione. In Europa ci sono state polemiche sul suo inserimento nella tassonomia delle energie sostenibili, con grande soddisfazione della Francia, che produce il 75% dell’energie elettrica col nucleare, e l’opposizione della Germania. In tale contesto in continuo divenire, intanto è importante differenziare. Il nostro Paese dovrebbe essere meno dipendente dal gas russo e aumentare le quote di quello azero e algerino. Stati Uniti, Unione europea e Qatar sono in trattativa per fornire approvvigionamenti extra al Vecchio Continente a fronte del rischio del blocco dei rubinetti del gas russo. Il Governo federale Usa avrebbe chiesto alle sue aziende energetiche di inviare forniture straordinarie verso l’Europa. Certamente in questo settore l’occidente dovrebbe essere più unito. Si pensi all’atteggiamento della Germania, con il neocancelliere Olaf Scholz che in visita a Washington non ha neanche citato il gasdotto North Stream 2, già completato, ma non attivato, per portare attraverso il Mar Baltico il gas russo in Germania e quindi in Europa.
Gli economisti di JP Morgan si sono uniti a quelli di Goldman Sachs e Bank of America annunciando di stimare ora, così come i colleghi, fino a sette rialzi dei tassi, nel corso di quest’anno, che cosa comporteranno questi rialzi e che riflessi avranno sul tessuto delle Pmi italiane?
Le previsioni delle banche americane sono sempre improntate a una lettura “tecnica” della realtà. E per molti versi hanno ragione. Joe Biden sta toccando nuovi minimi nei sondaggi di gradimento. Del resto, l’inquilino della Casa Bianca deve lottare per risolvere una miriade di problemi che preoccupano i cittadini: dalla pandemia all’economia, dall’immigrazione alla criminalità. Adesso tra gli assilli principali degli americani c’è l’aumento dell’inflazione, arrivata ai livelli più alti degli ultimi decenni. Sarebbe quindi naturale la scelta del rialzo dei tassi, che spetta alla Fed. A mio parere, certamente ci sarà l’innalzamento del costo del denaro, ma difficilmente nella periodicità prevista da JP Morgan, Goldman Sachs e Bank of America. Non dimentichiamo che a novembre ci saranno le elezioni di midterm e il presidente americano non vorrà arrivare a tale appuntamento con una serie di rialzi dei tassi. Va anche detto che la crisi ucraina potrebbe fare risalire i consensi dell’elettorato americano nei confronti di Biden e fare cambiare la situazione. Le conseguenze per le Pmi italiane credo che saranno limitate. Sulle stesse Pmi potrebbe pesare maggiormente una dilatazione dei tassi da parte della Bce, che potrà arrivare nella seconda parte dell’anno se non dopo l’estate. Finora la scelta è stata quella di considerare l’inflazione europea legata alla scarsità dell’offerta di alcuni beni, provenienti in particolare dall’Asia, e si è evitato di applicare un simile provvedimento, ma il caro energia, legato al quadro sopra descritto, potrebbe fare mutare decisione all’istituto presieduto da Christine Lagarde.