“Non posso tornare a ieri perché ero una persona diversa allora” scrive Lewis Carrol nelle veci di Alice, attraversando le sue molteplici evoluzioni – che spesso sono anche involuzioni – nel corso del romanzo; poiché i continui mutamenti della sua forma, del corpo che da piccolo diventa grande e viceversa, corrispondono in tutto e per tutto a quelli dello spirito, della sua sostanza. Così come per Brodskij l’estetica è madre dell’etica, ecco che le nostre sembianze corrono di pari passo con il cambiamento interiore e più visceralmente nascosto: il più impercettibile dell’anima.
IL CAMBIAMENTO NEL TRAVAGLIO
Il cambiamento che in questi termini – considerando il superamento insito nel travaglio dello stato intermedio di Aufhebung hegeliano che “toglie via” ed al contempo “solleva e conserva” – trascende il concetto di rimpianto. Non possiamo disperare per non aver fatto qualcosa che adesso riterremmo ipoteticamente che in passato avremmo potuto compiere. Semplicemente perché prima eravamo altro; o meglio, eravamo un’altra versione di noi: evidentemente mancante della parte necessaria ad adempiere a ciò che ora consideriamo un rimpianto.
IL SE CHE TRASCENDE IL RIMPIANTO
E’ possibile dunque unicamente che ogni versione di noi, ben ancorata nel suo tempo e nel suo spazio, faccia; tutto ciò che può fare: che in quel particolare momento considera realizzabile e confacente a sé come tale. Sorge dunque spontanea una domanda: quante sono tutte le forme di me stessa che avrei potuto essere e tutte le cose che avrei potuto fare, vicine alle mie attitudini che non ho coltivato, se gli agenti esterni me ne avessero dato l’occasione? Ed è proprio qui che forse può sciogliersi la risoluzione di un interrogativo per ciascuno di noi spesso irrisolto: proprio dentro quel “se”. Ovvero: se c’è una condizione esterna, o ancor più propriamente, se sussiste un “se”, allora significa che tutte le altre cose irrealizzate nei fatti – benché forse realizzabili in potenza – in quel momento ed in quel luogo e da quella specifica versione dello spirito e del corpo, semplicemente non potevano essere attuate – ma probabilmente soltanto pensate e considerate come possibili, anch’esse utili per arrivare a rendere reale quella nuova versione seppur differente che poi ha trovato corrispondenza effettiva: che si è fattualmente realizzata.
SENZA RIMPIANTO CADE ANCHE IL RIMORSO
Allora è corretto ritenere che il concetto di rimpianto, né dunque quello di rimorso, possano esistere? Entrambi non trovano dunque senso e riscontro nella realtà dei fatti? Il rimpianto non c’è, perché in passato quella versione di me non era in grado di assumere quella scelta – mentre il rimorso è inconcepibile, perché quella stessa versione non poteva non compiere determinate scelte che l’hanno poi condotta a mutare e diventare l’attuale, differente e rinnovata identità del presente. Inoltre le condizioni esterne, coloro che mi circondano e con cui ho vissuto, sono agenti determinanti e non modificabili: fondativi della personalità che ho sviluppato.
LA CURA DI IERI PER OGGI E PER IL DOMANI
Se trascendiamo pienamente perciò i concetti di rimpianto e rimorso, un effettivo limite alle potenzialità che parrebbe sorgere con l’assenza dei due, decade invece del tutto: non esiste più; semplicemente sparisce con i suoi “se”. Restano solo le circostanze e le volontà e le infinite possibilità di come riescano a combinarsi tra loro. Dunque è vero, forse non possiamo tornare a ieri, proprio come Alice, perché ieri eravamo tutt’altro; ma possiamo ricordarcene e non dimenticarci mai di chi siamo stati – come spesso, ognuno di noi tende consciamente o meno a fare – per prenderci veramente cura di come eravamo ed ipso facto, di cosa diventeremo.