Nel 2016 il fervore iconoclasta dei 5Stelle bruciò sul rogo dei NO le Olimpiadi a Roma del 2024.
Un gesto di vigliaccheria politica che umiliò il nostro Paese rafforzando l’orrido cliché della presunta inevitabile corruzione degli italiani e della loro altrettanto presunta incapacità di gestire eventi mondiali.
Ci voleva uno statista di caratura internazionale come Draghi per rovesciare quel vergognoso autodafè imposto dai populisti e dire, alto e forte, che l’Italia rivendica il suo ruolo di grande potenza civile e culturale oltre che economica e che ha tutte le carte in regola per organizzare manifestazioni di grande prestigio. Candidare Roma per l’Expo2030, dopo il grande successo di Milano nel 2015, è un segnale di svolta. Il nostro Paese vuol tornare ad essere una nazione che non si vergogna di sè, non ha paura di essere se stessa e non si sottrae alle sfide più complesse.
In questo contesto è cruciale il ruolo della Capitale: umiliata, degradata a brutta copia di sé stessa, percepita come un suk dove regnano caos, sporcizia, sciatteria. Con I cinghiali eretti a simbolo dell’abbandono e del non-governo della città. Il prossimo sindaco di Roma dovrà misurarsi con problemi enormi, ma avrà a Palazzo Chigi un leader forte che vuole “salvare” Roma e farla tornare a volare alto. Nel 2025 ci sarà il Giubileo. Se nel 2030 si svolgesse l’Expo, Roma avrebbe un decennio di grandi risorse per ripensare se stessa da cima a fondo e realizzare opere che da 50 anni aspettano di essere progettate e attuate. La capitale è sempre il simbolo di un Paese. L’Italia che rinasce dopo il Covid ha bisogno di una Roma che rialza la testa dalle ceneri dei Neroni del terzo millennio.