Sulle pensioni si moltiplicano le ipotesi di riforma. Il tempo stringe, ma le soluzioni non sono ancora sul tavolo del premier Draghi. C’è il tema della fine di Quota 100, (62 anni d’età e 38 di contributi); c’è la proposta del presidente dell’INPS, Tridico. Un sistema articolato, che prevede la “doppia uscita”. In pensione a 62-63 anni con il sistema contributivo, con uno scalone di 5-4 anni che permette poi di ricalcolare l’assegno pensionistico a 67 anni seguendo i criteri del sistema retributivo. L’ipotesi trova lo sbarramento dei sindacati.
“Ci opponiamo all’introduzione di sistemi penalizzanti nel calcolo dell’importo della pensione”, sostengono i segretari di Cgil, Cisl e Uil, “non ci piace l’ipotesi di spacchettare in due l’assegno come propone Tridico”. In questa posizione di stallo si è inserita, la Corte dei conti. I giudici contabili hanno posto in evidenza nell’annuale rapporto sulla spesa previdenziale come dal 2012 al 2020 – arco temporale di riferimento della riforma Fornero -, il sistema delle deroghe ha portato ad oltre 711mila pensionamenti anticipati, fra i quali le salvaguardie degli esodati.
Ora Inps e Ministero del tesoro valutano una indicazione che i Giudici contabili hanno posto nel rapporto. Ossia: “costruire, eventualmente con gradualità ma in un’ottica strutturale, un sistema di uscita anticipata che converga su una età uniforme per lavoratori in regime retributivo e lavoratori in regime contributivo puro”. Gli analisti di sistemi pensionistici danno questa versione.