La proposta di Enrico Letta di aumentare la pressione fiscale sulle successioni e sulle donazioni non ha avuto finora molto seguito. Il Presidente del Consiglio laconicamente ha chiarito, che, mentre è in corso una recessione, non è il caso di aumentare il carico fiscale. Ha anche aggiunto, non a torto, che gli interventi normativi in materia fiscale devono essere realizzati organicamente e non a macchia di leopardo.
Il problema della imposizione tributaria sulle donazioni ed, in particolare, sulle successioni, non è nuovo: esso è stato posto con insistenza dagli economisti liberali, i quali ritenevano correttamente, che bisogna assicurare ai cittadini l’uguaglianza dei punti di partenza.
Dato per scontato che esistono le diseguaglianze, non è del tutto corretto che alcuni soggetti, solo perché nascono con un cospicuo patrimonio derivante da eredità, partano avvantaggiati rispetto agli altri. Al riguardo, le belle pagine di Luigi Einaudi sono, ancora oggi, istruttive: in assenza di una tassazione sulle successioni, si determina la non accettabile conseguenza che: <<il povero resta dunque povero ed il ricco acquista ricchezza non per merito proprio, ma per ragioni di nascita>>. In questo contesto, la tassazione delle successioni è, dunque, funzionale a stimolare l’attività e l’iniziativa dei cittadini.
RIFORME FISCALI ORGANICHE
Di contro, si osserva che la tassazione in esame potrebbe incentivare i soggetti a non accumulare ricchezza, visto che alla loro morte una parte di essa viene prelevata dallo Stato.
Il problema assume una evidente centralità, prova ne sia che la nostra stessa Costituzione riserva ad esso una espressa considerazione all’ultimo comma dell’art. 42, dove si dice che la legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
Certamente l’iniziativa di Enrico Letta era mossa da valide ragioni, visto che la sua proposta era finalizzata a liberare risorse a favore dei giovani, che spesso sono costretti a cercare lavoro all’estero. Ma, indiscutibilmente, si è trattato anche di una iniziativa incauta, poiché, come ha giustamente osservato il presidente Draghi, è opportuno che le riforme fiscali abbiano carattere complessivo e non riguardino singole materia. Infatti, solo da una visione complessiva della situazione economico-sociale del paese possono scaturire riforme idonee a dare una risposta lineare ai vari problemi. Così come sembra poco plausibile, aumentare il carico fiscale, quando il Paese langue in una profonda recessione, di cui non si intravvede ancora la fine e che avrebbe l’effetto di deflazionare ulteriormente la nostra economia.