Oggi è il giorno del voto pentastellato su “Rousseau”, la loro piattaforma elettronica per approvare o meno il governo con il Partito Democratico.
Purtroppo non si tratta solo di un rituale, ma, stando alle dichiarazioni di Di Maio e di altri, di un voto decisivo, in un modo o nell’altro, per dare vita al nuovo esecutivo.
Siamo all’ennesimo travisamento delle regole costituzionali che indicano nel Presidente della Repubblica e nel Parlamento, dove i partiti hanno i loro gruppi gli unici soggetti istituzionali su cui ricade la responsabilità per dare risposte ad una crisi di governo.
Accanto alla preoccupazione per il perpetuarsi di strappi alla Costituzione, si pone il problema, che è evidentemente politico, di un programma di governo, che sempre per annunci di Di Maio, dovrebbe comprendere tutti i punti della proposta complessiva dei Cinque stelle. Fra questi la riduzione immediata del numero dei parlamentari: una proposta demagogica praticabile soltanto nel contesto di una profonda revisione delle attuali normative riguardanti le elezioni del Parlamento.
Altrettante preoccupazioni destano altre proposte, come quelle in materia di ambiente e relativamente alle aziende che operano nel settore della difesa. Nasce così la preoccupazione che si possa profilare l’ipotesi o il rischio di un governo che sia sbilanciato a sinistra, con una singolare coincidenza di intenti fra l’area postcomunista del Pd e quella massimalista del M5S.
Non indifferente, rispetto a queste preoccupazioni, alle quali va aggiunta l’incertezza sulle politiche fiscali, sarà la fisionomia del secondo governo Conte: sarebbe certo deflagrante e provocatoria l’ipotesi apparsa nei giorni scorsi di un Di Battista alle politiche comunitarie.
In ogni caso la fase politica che sta per aprirsi potrebbe dare spazio ad una riflessione complessiva nel centrodestra che avrebbe tutto da guadagnare su un suo nuovo profilo nel quale emerga una linea moderata e riformista.