Nel 2019 la superficie agricola destinata alla coltivazione di seminativi e’ diminuita, rispetto al 2010, sia in Italia (-2,9%) che nell’Unione europea (-2,7%), a vantaggio delle colture legnose, dei prati permanenti e dei pascoli. Lo rileva l’Istat.
Tra il 2010 e il 2020, sul complesso delle superfici coltivate a cereali cresce l’importanza relativa del frumento duro (dal 36,9% al 40,3%) e del frumento tenero (dal 15,8% al 16,7%), scende quella del mais (dal 26,7% al 20,1%). Il 31,4% delle aziende agricole che coltivano cereali ha dichiarato di non aver subito alcun impatto dall’emergenza sanitaria da Covid-19.
A ottobre 2019, la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) italiana rappresenta l’8,1% di quella complessiva dell’Ue27 che e’ pari a 162,7 milioni di ettari. Tale incidenza e’ di poco superiore alla quota relativa dell’intero territorio italiano rispetto a quello dell’Ue, pari al 7,9%.
La SAU italiana si caratterizza per la forte incidenza sul totale Ue delle colture permanenti (il 20,1%). In particolare, si compone per il 52,8% di terreni a seminativi, per il 28,8% di prati permanenti e pascoli e per il 18,4% di colture permanenti.
Rispetto alla composizione media dell’intera Ue, tanto i seminativi quanto i prati permanenti e i pascoli hanno un peso minore (nell’Ue tali pesi sono, rispettivamente, del 61,4% e del 31,2%), mentre in Italia incidono di piu’ le colture permanenti (che in media Ue pesano solo per il 7,4%). Il profilo italiano e’ piu’ simile a quello del sottoinsieme degli altri stati mediterranei (Spagna, Portogallo, Francia, Croazia, Grecia, Cipro e Malta), nei quali incidono di piu’, rispetto all’Italia, i prati permanenti e i pascoli (33%).