L’incidente del Canale di Suez ha dimostrato l’importanza anche geopolitica delle rotte commerciali su cui la Cina ha costruito un asse portante della sua politica internazionale. L’Occidente farebbe bene a porsi per tempo i problemi geopolitici che possono essere creati in un futuro prossimo dall’invadenza cinese collegata alla cooperazione di Pechino con la Russia.
Ci sono voluti quasi 6 giorni per liberare la Ever Given, una nave cargo che si era incagliata nel canale di Suez. Lo scorso 23 marzo, infatti, la nave battente bandiera panamense e di proprietà giapponese, con una lunghezza fuori tutto (ovvero di massimo ingombro) di 400 metri ed un dislocamento di 220 mila tonnellate, era rimasta coinvolta in un incidente all’interno del Canale di Suez provocando quello che è stato definito come il più grande ingorgo della storia. Le cause sono ancora incerte ed attualmente il cargo risulta essere ancorato nel Grande Lago Amaro, un specchio d’acqua situato tra l’Africa e la penisola del Sinai, per lo svolgimento delle indagini volte a determinare le cause dell’incidente e i danni subiti dall’imbarcazione.
L’incidente ha reso impossibile percorrere lo stretto che collega il Mar Mediterraneo con l’Oceano Indiano obbligando circa 360 navi ad attendere il termine delle operazioni di disincaglio per poter riprendere la navigazione con una perdita stimata di circa 400 milioni di dollari l’ora.
La percorribilità del canale è stata ripristinata ma l’episodio obbliga ad una serie di riflessioni.
I COLLI DI BOTTIGLIA DEL COMMERCIO MONDIALE
Il Canale di Suez rappresenta una dei vari choke point presenti nel globo. I choke point sono dei canali, delle strozzature, naturali o artificiali, che restringono i passaggi delle rotte marittime e che nei secoli hanno rappresentato punti di rilevanza geostrategica. I principali sono lo stretto di Gibilterra, lo stretto dei Dardanelli, lo stretto di Malacca, il canale di Suez, lo stretto di Hormuz, quello di Bab el Mandeb, lo stretto di Bering. Alcuni di questi choke point rappresentano le porte del commercio mondiale considerato che gran parte delle rotte marittime attraversano proprio questi “colli di bottiglia”.
Si stima che nel canale di Suez transitino circa 78 navi al giorno e oltre 17000 navi ogni anno per un valore pari al 10% del commercio marittimo internazionale e al 12% del commercio mondiale. L’alternativa all’attraversamento dello stretto egiziano è quella di circumnavigare l’Africa per raggiungere poi l’Europa attraverso lo stretto di Gibilterra o mediante le rotte che conducono verso Nord. Questo è ciò che hanno fatto alcune navi che erano in attesa del ripristino della navigabilità del canale con un ingente aumento dei costi di trasporto e delle assicurazioni. La circumnavigazione dell’Africa, infatti, oltre a prevedere rischi intrinseci derivanti dalla maggiore lunghezza del percorso comporta, altresì, il passaggio davanti a coste particolarmente pericolose dove la minaccia della pirateria è sempre incombente: Somalia e Golfo di Guinea in particolare. Da queste poche osservazioni si percepisce l’attuale importanza di un passaggio tanto stretto quanto fondamentale per il regolare e continuo mantenimento della catena di approvvigionamento delle merci in Europa.
Ma Suez non è rilevante solo per il presente, lo è anche per il futuro.
LA GEOPOLITICA DEGLI STRETTI
Esso, infatti, rappresenta uno snodo strategico per progetti altamente ambiziosi di Stati come Russia e Cina che, nella geopolitica degli stretti, hanno riposto parte delle proprie aspettative. Mosca, infatti, attraverso l’alto funzionario del Consiglio Artico della Russia, Nikolai Korchunov, ha subito colto l’occasione per rilanciare la tratta artica quale alternativa al canale di Suez che, complice anche il progressivo aumento delle temperature ed il conseguente scioglimento dei ghiacci, permetterebbe alla Russia di acquisire un importante vantaggio sia strategico che commerciale. Inoltre, la rotta artica risulta essere più breve di quella oggi percorsa con una riduzione delle distanze tra Asia ed Europa (Shanghai – Rotterdam) di circa 5 mila chilometri con un conseguente risparmio di carburante per le navi in transito.
La Cina, invece, ha individuato nella rotta marittima che attraversa il canale di Suez una delle arterie fondamentali per la realizzazione del proprio progetto di globalizzazione denominato BRI, Belt Road Initiative. Il programma cinese, volto a creare un’imponente opera di collegamento tra Asia, Africa ed Europa, per favorire i flussi di investimento internazionali e gli sbocchi commerciali dei prodotti cinesi, si articola in due direttrici, una terrestre ed una marittima, quest’ultima in grado di permettere a Pechino di raggiungere i porti del Mediterraneo dei quali, in parte, ha già preso possesso. L’incidente verificatosi nel canale di Suez ha sicuramente allertato il gigante asiatico relativamente ai rischi effettivi della rotta marittima transitante per lo stresso egiziano.
Ciò condurrà verosimilmente ad un potenziamento della rotta terrestre attraverso la stipulazione di ulteriori accordi con i partner mediorientali. Proprio in questi giorni, infatti, il Ministro degli esteri cinese è impegnato in un tour diplomatico in Medio Oriente che vedrà la visita di Stati quali la Turchia e l’Iran, due Paesi attraverso i quali passa la rotta terrestre della BRI. Un’alternativa è rappresentata, anche qui, dalla rotta artica che, oltre ai vantaggi prima illustrati, permetterebbe a Pechino di attingere alle risorse energetiche della zona attraverso la cooperazione con la Russia che già è stata avviata attraverso la costruzione del gasdotto Power of Siberia, progetto che consentirà di portare in Cina il gas russo. L’artico acquisisce sempre più importanza e probabilmente è proprio lì che si giocherà una delle prossime e più importanti partite geopolitiche. E l’Occidente farebbe bene a porsi per tempo i problemi geopolitici che possono essere creati in un futuro prossimo dall’invadenza cinese collegata alla cooperazione di Pechino con la Russia