Il mondo della finanza è creativo, questo si sapeva, ma ora la creatività si è spinta fino alle “boutique finanziarie”, il cosiddetto “taylor made” che si adegua alle esigenze di una clientela che ha necessità di soluzioni ricercate e uniche. A illustrarne i nuovi orizzonti della finanza e di ciò che accade nell’economia del domani è il prof. Ubaldo Livolsi, economista e banchiere di prestigio internazionale. Sul post pandemia, Livolsi pensa che ci saranno difficoltà per le banche ma anche possibilità per le imprese più innovative. Per far ripartire l’economia Livolsi auspica che ci siano forti iniezioni di capitale sia per le aziende che per i cittadini.
Professor Livolsi, in Italia stanno fiorendo le boutique finanziarie. Sulla scia dei prestigiosi atelier del lusso, il termine indica in ambito finanziario un’istituzione di modeste dimensioni rispetto alle banche d’affari. Quali sono le chiavi del loro successo e perché stanno avendo così tanto sviluppo e crescita tanto da far traslocare prestigiosi top manager di banche d’affari verso le boutique finanziarie?
“È un fenomeno sotto gli occhi di tutti, che può essere interpretato in modo ambivalente. Le grandi banche d’affari internazionali hanno un ruolo decisivo nella finanza e nell’ economia globale, tuttavia assistiamo come ad una sorta di bulimia delle loro attività, che le ha portate in certi casi ad avere migliaia di dipendenti, con una organizzazione fortemente gerarchica e distribuita su più livelli. A ciò corrisponde una concentrazione su grandi operazioni, spesso realizzate a matrice, che portano a trascurare la clientela medio/piccola. Invece la tendenza di oggi – e questa è la faccia positiva della medaglia – è una forte domanda da parte di clienti medio-piccoli, sempre più educati alla finanza e in molti casi avvezzi alle piattaforme fintech. Così si spiega il fatto che professionisti senior vanno a lavorare in boutique finanziarie: da un lato sono più indipendenti e hanno maggiori soddisfazioni professionali, dall’altro il cliente riceve la consulenza taylor made adeguata alle sue esigenze”.
Il mercato italiano resta tra i più attraenti in termini di P/E, (prezzo su utile) un multiplo di mercato importante per valutare le aziende appetibili. Tra queste ci sono alcuni grandi colossi bancari e assicurativi che hanno utili alti per soddisfare gli azionisti, mantenendo un rapporto p/e basso quindi rendendosi appetibili sul mercato verso potenziale investitori. Nel lungo periodo il rapporto p/e attuale su diversi colossi bancari italiani non può risultare un abbaglio per i potenziali investitori in termini di profitti futuri?
“In molti casi esiste questa dicotomia tra la (non) solidità delle banche e i loro dividendi che tendono a soddisfare gli azionisti. Non a caso qualche commentatore ha posto la necessità di trovare il sistema di reinvestire nelle banche parte degli utili e non distribuirli come dividendi. Per tornare alla situazione attuale, bisogna stare molto attenti al valore dei titoli bancari, che vanno valutati nel medio periodo: il rischio è che non garantiscano una buona redditività futura. Le cause di ciò sono più di una: vuoi per il ciclo economico negativo, aggravato dalla pandemia, vuoi per i crediti deteriorati (NPL), di cui in alcuni casi le banche sono ancora zavorrate, vuoi soprattutto per i costi di struttura. Non è un caso che a registrare più utili sono le organizzazioni che investono maggiormente in fintech e nelle cosiddette banche reti di consulenti finanziari. D’altronde è anche vero che le banche hanno le mani legate: i tassi di interesse bassi, se è vero che hanno effetti positivi sull’economia e i cittadini, dall’altra parte consentono di ottenere solamente bassi margini”.
La pandemia non risparmierà nemmeno il settore bancario, con particolare timore riguardante i crediti deteriorati, ossia crediti che difficilmente saranno ripagati (parzialmente o totalmente), a causa di un peggioramento nella condizione finanziaria dei debitori. Sebbene infatti le banche italiane sembrino essere entrate nella crisi con una posizione finanziaria più forte rispetto al passato, alcune di esse potrebbero non reggere un potenziale peggioramento delle condizioni economiche del Paese.
“Si tratta di una prospettiva probabile, ma mi pare che le istituzioni europee stiano agendo molto bene. Sia la BCE che Bankitalia hanno avuto un ruolo molto attivo, non solo nel tutelare gli istituti di credito, ma in alcuni casi anche nel promuoverne e sostenere l’aggregazione. Pensiamo ai crediti deteriorati e a quanto fatto da Mario Draghi, Presidente allora della BCE, oggi del Consiglio dei Ministri della Repubblica. Riflettiamo anche, per tornare all’Italia, ai salvataggi delle banche operate dallo Stato, come avvenuto per esempio nei casi del Monte dei Paschi di Siena e della Banca Popolare di Bari. Certamente tutto ciò, esprime degli aspetti ambivalenti e delle possibili derive negative, che vanno evitate a tutti i costi. Le banche sono delle imprese, che devono agire in autonomia e lo Stato non può condizionarle, magari cooptando nei consigli di amministratore componenti provenienti dalla politica. Anzi, esse devono essere gestite da manager capaci, indipendenti, in grado di lavorare per il bene degli azionisti e dei clienti. Per quanto riguarda questi ultimi, sono stati fatti importanti passi in avanti dopo la crisi del 2008, mi riferisco per esempio alle varie Mifid, che prevedono non solo la tutela dell’investitore, ma anche la sua responsabilizzazione e educazione al risparmio e all’investimento”.
La sola risposta probabile allo scenario attuale può essere identificata nel consolidamento della posizione finanziaria delle banche attraverso quello che sembra essere una vera e propria tendenza che caratterizzerà il settore bancario italiano nei mesi a venire, ossia il ricorso ad interventi i di finanza straordinaria attraverso operazioni di M&A o ci sono altre alternative al consolidamento?
“Come già accennato, le operazioni di M&A tra banche saranno inevitabili. A chiederlo sono il mercato, le istituzioni finanziarie e gli stessi istituti di credito. Tuttavia, è importante che questi ultimi non perdano il contatto col territorio, con le piccole imprese, i depositari e gli investitori, come proprio, per intenderci, delle banche di credito cooperativo. Il Paese per ripartire, dopo che saranno finiti i ristori e l’emergenza dei vaccini, avrà bisogno di fiducia, di prospettive di crescita. Le banche in questo avranno un ruolo centrale, come del resto tutti gli altri soggetti coinvolti e interessati che abbiamo citato: boutique finanziarie, manager bancari, istituzioni finanziarie e Stato. Ci sarà bisogno di finanziamenti e forti iniezioni di capitale a vantaggio dell’economia, delle aziende e dei cittadini”.