La pandemia ha fatto esplodere un problema che da tempo le forze politiche fanno finta di ignorare: il fallimento della sanità affidata alle Regioni.
Il diritto alla salute è l’unico definito “fondamentale” dalla nostra Costituzione. Quindi, massima dovrebbe essere l’attenzione della politica per garantire che questo diritto sia assicurato a tutti i cittadini senza distinzione alcuna, nemmeno territoriale. E invece, da decenni assistiamo ad uno spettacolo sconcertante: Regioni che sono in grado di fornire servizi di qualità e altre da cui chi può evita di farsi curare.
La stranezza è che il Servizio sanitario si definisce nazionale, ma in realtà di nazionale non ha nulla se non l’elenco teorico dei Livelli essenziali di assistenza, che il SSN è tenuto a fornire a tutti o cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse).
INGIUSTIZIA VERSO I CITTADINI
L’Italia, nei fatti, ha 20 sistemi sanitari ognuno dei quali cammina per la sua strada con punte di eccellenza ma anche enormi sprechi, inefficienze e ingiustizie verso i cittadini che abitano nelle Regioni con sanità scadente.
I commissariamenti a cui vengono sottoposte le sanità regionali intervengono quasi sempre solo per motivi di dissesti finanziari e non per carenza della qualità dei servizi offerti. Vengono decisi con ritardo, quando i costi sono fuori controllo e ottengono un risanamento quasi sempre solo tagliando le prestazioni. Molto meglio sarebbe se lo Stato potesse automaticamente avocare a sé, per un congruo periodo di tempo, la competenza sulla sanità di quelle Regioni che non si dimostrano in grado di fornire i servizi richiesti.
La pandemia ha dimostrato che neanche le Regioni ritenute un esempio di sanità di qualità sono state in grado di gestire adeguatamente questa emergenza.
Il caos delle vaccinazioni è solo l’ultimo eclatante esempio. È stato un errore non decidere, fin dall’agosto scorso che il piano delle vaccinazioni e la sua realizzazione doveva avere un’unica gestione nazionale in tutte le sue fasi: approvvigionamento, prenotazioni, somministrazione. Come ha ricordato il prof. Michele Ainis, nell’art.117 della Costituzione la profilassi internazionale è di competenza esclusiva dello Stato e la Corte Costituzionale, già nel 2018 e nuovamente un mese fa, ha sancito che la pandemia richiede una gestione unitaria di carattere nazionale.
IL CAOS DELLE VACCINAZIONI
Perché non si è tenuto conto delle di tutto questo? Sappiamo benissimo che nel bilancio di una Regione il budget della sanità vale intorno al 70-80%: un forte incentivo a mantenere la gestione di questi fondi a livello locale . Ma il diritto alla salute è più importante degli interessi della politica.
È ora che tutti partiti si pronuncino in maniera chiara e inequivocabile: vogliono mantenere la regionalizzazione della Sanità o tornare ad una gestione statale? Se il modello attuale non ha funzionato che senso ha continuare a difenderlo? Meglio sarebbe riportare pianificazione, gestione e controllo nelle mani dello Stato e lasciare alle Regioni solo pochissime ambiti di decisione in materia.
Non occorre una grande riforma Costituzionale. Basta togliere solo la tutela della salute dall’elenco delle competenze concorrenti.