Giovedì 11 marzo si è tenuta un’attesa riunione della BCE che ha avuto risvolti importanti. Nel dettaglio:
- Il Board della ha confermato che l’acquisto di titoli di Stato , il c.d. Quantative Easing, tecnicamente PEPP, sarà accelerato nel corso del prossimo trimestre ed avrà un passo significativamente più elevato rispetto ai primi mesi di questo anno.
- Non c’è stata alcuna modifica per tassi.
- Questa «accelerazione» indica la volontà di prevenire condizioni di finanziamento più restrittive, che avrebbero un impatto negativo sull’economia. La BCE ha peraltro riaffermato la flessibilità nell’usare o meno l’intero ammontare del PEPP di 1850 miliardi di euro e di aumentarlo, se necessario.
- L’attenzione si concentrerà sulla quantità dei titoli che verranno acquistati. Sappiamo che gli acquisti potranno essere ben oltre i circa 13 miliardi di euro a settimana, la media delle ultime settimane. Allo stesso tempo, l’annuncio stesso di maggiori acquisti potrebbe renderli non necessari.
Stimoli, ripresa e ottimismo post-crisi
Questi dati in parte smorzano alcuni movimenti anticiclici dei mercati delle ultime settimane. Ad inizio del nuovo anno, erano due le principali tematiche su cui si interrogavano e dividevano gli analisti. La prima riguardava la quasi unanimità presente tra gli investitori secondo cui, quando le economie avessero aperto e i programmi di stimoli fatto sentire i primi effetti, avremmo assistito a una ripresa da inizio ciclo. La seconda verteva sulla somiglianza tra la situazione attuale e quella osservata tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, un anno che era partito all’insegna dell’ottimismo post-crisi e si era chiuso con l’azionario che aveva segnato un + 10%, con flessioni intra-anno del -12%.
Timori per l’inflazione
Da metà febbraio il consenso suddetto è stato minato da timori di inflazione, da un riacutizzarsi delle preoccupazioni di una stretta monetaria, dall’aumento dei rendimenti obbligazionari e dalla sensibilità dei mercati azionari ai tassi di interesse. A livello di mercato azionario da inizio anno c’è stata solo una flessione del 3,5% a fine gennaio e del 4% da metà febbraio. Da diversi anni il CBOE S&P 500 Volatility Index (VIX) non ha dato grossi scossoni, mentre sconta adesso una volatilità annualizzata superiore al 20% per l’azionario Usa, dopo il picco di un anno (esatto) fa. Il dato è coerente con le flessioni di settembre e di fine ottobre.
Attrezzarsi per affrontare i drawdown momentanei, ma soprattutto per sfruttarli, è importante per i risparmiatori ma, soprattutto, per gli operatori del settore. Come affermato dal Professor Ruggero Bertelli, uno dei massimi esperti in Italia di mercati finanziari e finanza comportamentale “bisogna chiedere a noi stessi.. i comportamenti performanti. Fare il contrario di quanto suggerito dalle nostre paure. Dunque, muoversi. Comprare progressivamente, svuotare quelle diponibilità in conto…”Quando la causa della volatilità sui mercati azionari è l’aumento dei tassi, i tradizionali elementi di diversificazione del portafoglio, cioè i titoli di Stato, difficilmente possono offrire protezione. Da inizio anno hanno perso il 3-6% e, guardando più in là sulla curva, la flessione supera il 10%.
Mercato volatile, diversificazione e profilo di rischio
Tra gli asset di diversificazione alternativi si possono includere quelli esposti a una ripresa della crescita e dell’inflazione, ma a prezzi ragionevoli per essere stati a lungo trascurati. Ad esempio i Treasury indicizzati all’inflazione (TIPS) o quegli asset che risentono di meno delle variazioni di tassi, come le materie prime. Le riprese raramente seguono una linea retta. Anche se gran parte degli analisti nutrono un ottimismo di base, inserirsi in un mercato volatile apre grosse opportunità di costruzione dei futuri guadagni (acquisto degli asset a prezzi “bassi”), purché si tenga a mente l’imperativo categorico: diversificare e rispettare il proprio profilo di rischio.