Un dato è certo: ad un tratto ci ritroviamo poveri, soli e impotenti. Un mondo perfettamente globalizzato, forte di ogni più elevata tecnologia correva senza prevedere ostacoli con l’aggravante ritenersi immune da ogni ingerenza morale, da ogni legittima rimostranza, quando improvvisamente il 7 Gennaio 2020 si imbatte in un macroscopico imprevisto che evidentemente segmenta in una parte del cosmo (Wuhan, in provincia di Hubei in Cina) per restare poi basito il 30 Gennaio 2020 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) parla di “Emergenza globale” per poi aver contezza tra il 21 e il 22 Febbraio 2020 che l’ITALIA (quindi Noi) è vulnerabile, perciò, “facilmente attaccabile” ed improvvisamente, inconsapevolmente, dall’inconscio più profondo chiede “aiuto”. D’ un tratto la nostra tracotanza si trasforma in umiltà, le nostre certezze in perplessità. Si accertano i primi contagi e con essi aumentano le nostre paure. Ma ciò nonostante buona parte dell’umanità ancora nella scelta quotidiana fra il bene ed il male sceglie la seconda opzione (ne sono anch’io vittima, … il 5/2/2020 nel cortile della mia abitazione rubano la macchina utilitaria che usano mia moglie e mia figlia). Nei cuori di una certa umanità, nonostante il divulgarsi del covid-19 in Europa e nel mondo, ancora albergano sentimenti di sopraffazione, egoismo, vanità, orgoglio, cupidigia e quindi si rende necessaria oltre all’identificazione dell’antidoto al coronavirus, anche il vaccino per debellare la cattiveria, la corruzione, l’istinto brutale che spinge il genere umano al “relativismo” assoluto, nella più becera e deprecabile indifferenza.
Non sprecate questi giorni difficili ci ha detto Papa Francesco. Ma che ne era stato del tempo fino alle immagini spettrali dell’epidemia? Con quale clessidra misuravamo la nostra giornata? Quale metronomo scandiva la nostra quotidianità? Ma non eravamo forse alla ricerca dei metodi più veloci per inviare un messaggio? Forse quello vocale, o manuale, su instagram, su messenger o a quale altra diabolica piattaforma pensavamo per velocizzare sempre di più la comunicazione bypassando sempre di più l’incontro? La relazione umana evidentemente sottrae tempo e il tempo è business. In quante famiglie, anche in quelle più ortodosse, si ragiona ancora? Quanti dei nostri figli assaporano il racconto dei genitori, dei nonni, degli zii? A quanti dei nostri giovani è dato l’afflato dell’abbraccio se non virtuale? Anche il nostro linguaggio è fortemente informatizzato, a quanti è dato ancora di conoscere un poeta, di appassionarsi ad una poesia? Alla lettura di un libro? Di un racconto? Di una favola?
Esausti forse dovremmo ricercare più intensamente l’Infinito, in questo momento, per molti aspetti funesto, dovremmo guarire anche l’anima nella quale è incisa una frattura letale che come il coronavirus avvelena la nostra esistenza con l’aggravante che dipende solo ed esclusivamente da Noi. I cofattori di un degrado morale sono infiniti, da ricercare nel deficit immunitario in noi di cui il maligno si avvale. Dobbiamo rimettere in moto quegli anticorpi che il virus malefico, silente per strategia, rinsavisce, dobbiamo gridare un nuovo glossario: Amore, Generosità, Altruismo, Solidarietà, Pace, Giustizia. Dobbiamo ogni giorno ribadire la Sacralità della Vita, tutelarla, promuoverla, riconoscere in essa il “Diritto d’Autore” e difenderlo ad ogni costo rinunciando al privilegio dell’effimero costruendo un’alternativa credibile ad un “relativismo sfacciato” che ha provocato una “siccità etica e morale” lasciandoci senza anticorpi al “sistema”. Allora l’amara circostanza del covid-19 ci dia l’opportunità di sconfiggere entrambi i “veleni”: quello battereologico e quello, forse ancora più insidioso, della malvagità.