Mentre Draghi incassa la fiducia, tra le più ampie mai viste, da parte di Senato e Camera, ci sono segni evidenti di come, faticosamente, si sia aperta una fase nuova, segno di per sé di inversione rispetto a quella deludente e decadente della politica.
Una fase nuova ispirata alla sobrietà del linguaggio e dei comportamenti e nella quale appare stantio e sterile il bagaglio di parole d’ordine che sembravano tanto nuove e carezzevoli, quali la decrescita felice, il rigetto dell’euro, un velleitario antagonismo all’asse franco-tedesco, gli ammiccamenti verso gli autoritarismi cinese e russo.
A rimuovere tutto questo ciarpame demagogico ha concorso certamente la sfida della pandemia che tuttora grava sul nostro presente e minaccia il futuro e per la quale le strategie di contrasto devono necessariamente essere mondiali e, per quello che ci riguarda europee, impensabile, com’è, contrastarla con le sole forse nazionali.
È evidente che nella sfida che si apre le riforme vanno fatte, in tempi brevi, come va organizzata e messa a punto sia la fase di progettazione e di spesa dei fondi straordinari europei, sia il superamento di un sistema fiscale iniquo e tanto feroce nel perseguire i percettori di redditi accertabili, quanto balbettante e inetto nei confronti dei poteri forti dell’economia e di tanti evasori fiscali.
Corollario di tutto questo una riforma della giustizia che la liberi dai lacci di un barocchismo funzionale e da un assoggettamento alle corporazioni degli addetti.
Un compito immane, insomma, e sul quale si gioca non solo il successo dell’operazione di salvezza nazionale promossa da Mattarella, ma anche quella del sistema democratico qual è disegnato nella nostra Costituzione.
E sarà segno di vitalità della politica che forze tanto diverse saranno in grado di dare una grande prova di sensibilità rispetto al bene comune e alle necessità di risposte alla sofferenza di tante famiglie: secondo l’ INPS sono 664.000 i posti di lavoro persi sino a novembre dell’anno scorso.