mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

Orsini (Confindustria): per il fisco focus su welfare, famiglie e imprese

“Coraggio, metodo e l’impiego di maggiori risorse”. Queste le premesse lapidarie di Confindustria per rimettere mano, ammodernare e rendere più efficace l’intero sistema fiscale. Gli industriali presentano al neo premier Mario Draghi, un pacchetto di riforme, con “la necessità di un progetto di riforma fiscale a tutto tondo”. Le motivazioni di un cambio sono credibili e necessarie. “Siamo nel pieno di un inverno demografico e il nostro sistema fiscale”, premette Confindustria, “non supporta abbastanza le famiglie. Vanno riformate le misure fiscali e gli altri strumenti per aiutarle”.

Per l’organizzazione confindustriale a portare avanti i progetti di riforma è il Vice Presidente per il Credito, la Finanza e il Fisco Emanuele Orsini, che ricorda due necessità: la prima: evitare nuove imposte/oneri sulle imprese in questa congiuntura drammatica in cui molte aziende lottano per la sopravvivenza. La seconda: salvaguardare le misure fiscali che incentivano produttività.

Confindustria propone una sintesi sui tre nodi fondamentali. “La portata dell’azione riformatrice: è l’intero sistema fiscale – e non solo l’IRPEF – che ha bisogno di una riforma. Mentre ci vuole tempo, le riforme non si fanno con la decretazione d’urgenza. Terzo punto, le risorse oggi ammontano, in media, a soli 2 miliardi l’anno nel 2022 e 2023. Sono risorse esigue”. E qui nasce il primo problema. “Recuperarne altre dall’evasione va bene, ma non offre garanzie. Servirà rimodulare il prelievo nelle imposte e tra le imposte del sistema fiscale”, sottolinea Orsini. L’analisi degli industriali è nel merito “Oggi l’Irpef, l’imposta principale del nostro ordinamento, sembra uscita dal bisturi del Dr. Frankenstein: parti estranee e incoerenti, tenute l’una all’altra solo dal filo ideale di tassare il reddito personale”.

Infatti nella visione degli industriali la tassa appare frutto di un rammento progressivo che crea un assedio ai cittadini, ai lavoratori e alle imprese.

“Troppe le eccezioni all’Irpef”, scrive Orsini, “I regimi sostitutivi vanno valutati uno ad uno e quelli che intendiamo mantenere vanno almeno coordinati con il regime normale”. Le incongruenze sono diverse. “Restano dentro l’Irpef prevalentemente dipendenti e pensionati. Secondo i dati del Mef queste due categorie insieme fanno l’87% dei contribuenti Irpef e versano circa l’81% dell’imposta totale. La progressività va ridisegnata”. I conti danno ragione agli industriali che spiegano con pochi esempi le incongruenze del sistema fiscale.

“Con l’Irpef attuale”, calcola Orsini, “un dipendente che cerca di guadagnare un euro in più finisce col trovarsi in tasca pochi centesimi o, al limite, col peggiorare la propria situazione complessiva, perdendo bonus e detrazioni. Per un lavoratore dipendente l’aliquota marginale effettiva sopra i 28 mila euro è di oltre il 31% – quella legale è del 27% -. Tra i 35 mila ed i 45 mila euro il prelievo effettivo arriva al 61% – a fronte di un’aliquota legale del 38% -. Questo sistema è un disincentivo al lavoro e alla produttività”, critica Orsini. Quindi per Confindustria bisogna sfoltire, alleggerire la pressione sui redditi medi, eliminando i disincentivi ad aumentare il reddito, in particolare sopra i 28 mila euro, soglia oltre la quale l’attuale modello produce le distorsioni più ampie. “La soluzione più agevole”, spiega l’esponente di Confindustria, “è ridisegnare i parametri dell’imposta esistente, mantenendo un sistema ad aliquote e scaglioni, ma riducendo l’ampiezza dei “salti” di aliquota; in particolare tra secondo terzo scaglione; e applicando le detrazioni decrescenti in maniera più lineare rispetto al reddito a partire da 28 mila euro”,

C’è un aspetto nel lungo e articolato progetto di riforma fiscale presentato da Confindustria, che riguarda il welfare, per paradossò gli industriali di lanciano in un terreno di sostegni economici verso i lavoratori con una proposta innovativa.

“Vanno salvaguardate le misure fiscali che incentivano la produttività e il welfare aziendale”, sottolinea Ordini, “Alla luce di questi andamenti dovrebbero risultare chiare le ragioni dell’enfasi posta, negli anni, da Confindustria nella creazione di meccanismi di favore fiscale anche per i lavoratori dipendenti, come la detassazione dei premi di risultato o la normativa fiscale del cd. welfare aziendale. Qualsiasi intervento di riforma dell’Irpef non può prescindere dalla salvaguardia e dal potenziamento di queste misure”. Infine una indicazione utile. “Meglio pochi grandi incentivi e una tassazione bassa, che una giungla di bonus minuscoli o per pochi eletti”, auspica il Vice Presidente per il Credito, la Finanza e il Fisco, “Il rapporto più recente sulle spese fiscali (2020) censisce 602 agevolazioni. La maggior parte operano esclusivamente (o anche) sull’IRPEF (196 misure – il 36.7% del totale). L’impatto in termini di mancato gettito è circa 40 miliardi di euro l’anno. Per le spese fiscali serve una revisione coraggiosa e puntuale sulla base di dati ed evidenze oggettive. Per ragioni di semplificazione ed equità potrebbe essere eliminata la galassia di “microagevolazioni”, con importi risibili o manciate di beneficiari e mantenuto un ristretto nucleo di spese fiscali, da classificare in ambiti (casa, famiglia, salute, etc.). Le risorse eventualmente recuperate devono andare integralmente a ridurre la pressione fiscale. Inoltre, le agevolazioni hanno un senso se “vivono” abbastanza da consentire la loro implementazione e fruizione e se hanno un’intensità tale da smuovere i comportamenti desiderati. I superbonus al 110% sono un esempio di questo corretto approccio. Si tratta di una misura potente e utile, ma che andrebbe estesa e rafforzata, consentendo l’accesso anche alle imprese, semplificando l’iter applicativo e la normativa”.

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