venerdì, 15 Novembre, 2024
Economia

Commercio. Senza sicurezza e vaccinazioni niente ripresa. Speranze nel nuovo Governo

La parola d’ordine è “incertezza”. A seguire i concetti sono alle prese con la “crisi” in tutte le sue declinazioni: sanitaria, politica, sociale, economica, commerciale, finanziaria e via elencando. Ad alimentare un crescente senso di disorientamento e sfiducia sono le cifre altalenanti che tolgono speranze alle imprese e agitano il sonno dei cittadini.

I dati relativi del Pil nel quarto trimestre del 2020 mostrano il ritorno dell’economia italiana in una nuova fase di debolezza. 

Le ombre si proiettano cupe sull’anno in corso, per il quale diventa cruciale la disponibilità dei vaccini e l’accelerazione della campagna vaccinale. Le attese di una svolta restano per ora nel cassetto. L’Ufficio economico Confesercenti commentando le stime sul Pil 2020 diffuse da Istat osserva con grande realismo che l’obiettivo di una crescita del Pil nell’ordine del 6% nel 2021 resta fuori portata: “a malapena si potrà arrivare al 4%, un valore assolutamente insufficiente a farci recuperare le perdite”. Anche i consumi seguono lo stesso andamento, ossia una spirale di caduta. L’ipotesi non certo rosea che il 2020 si sia chiuso con una perdita di oltre 100 miliardi (il 9% circa) fa si che nel 2021 la crescita sarà solo del 3-4%. Sempre se non ci saranno altri intoppi nelle vaccinazioni e la pandemia sarà posta sotto controllo. 

Senza una normalizzazione dei consumi interni, possibile solo con i vaccini, il Pil non tornerà a crescere. Le speranze sono legate ad un pieno conseguimento delle vaccinazioni su ampia scala. Solo un crescente grado di immunità e sicurezza diffusa potranno ridurre le incertezze che hanno un impatto sui comportamenti di spesa e restituire alle famiglie la fiducia necessaria per riportare i consumi verso livelli pre-pandemici. D’altronde il tanto atteso scenario commerciale di dicembre, che pure era stato auspicato come un passo in avanti, in fondo ha raccolto un più 2.5%, troppo poco per ridare forza ad un settore in una situazione di fallimento. Il calo è stato complessivamente del 12%, in altri versi non ci sono stati utili. Di conseguenza problemi per le locazioni, per i pagamenti di bollette, della merce e per il personale. A soffrire sono soprattutto negozi e mercati: le vendite non alimentari delle piccole superfici sono crollate del -14,4%, mentre quelle al di fuori dei negozi segnano il -13,9%. Solo il commercio elettronico – segno di un cambio epocale nel modo di fare acquisti – ha raggiunto un aumento di circa il 35% su base annua, ma il dato complessivo è sicuramente più elevato, visto che la rilevazione Istat coglie solo le aziende che hanno sede in Italia, quindi non include i big internazionali. Tutte le restanti voci sono in calo, particolarmente forte per abbigliamento e calzature, che segnano entrambe una flessione superiore al 24%. Si conferma, dunque, come la crisi innescata dalla pandemia si sia abbattuta con particolare potenza sulle attività del commercio tradizionale le cui ombre di recessione si proiettano anche per tutto il 2021. Per questo le attenzioni sono tutte dedicate alla formazione di un nuovo esecutivo che dovrà tenere conto della natura concentrata della crisi economica, con particolare attenzione per le micro e piccole imprese e mettere in campo tutti i sostegni attesi, dal mercato del lavoro ai ristori insieme all’approvazione del piano del Recovery Plan. Per le Associazioni di categoria bisognerà destinare, senza disperderle, una parte cospicua delle risorse proprio al contrasto dei fenomeni di distruzione del potenziale produttivo oggi in corso per questa tipologia di imprese, che potrebbero giocare un ruolo molto importante nel rilancio del tessuto economico del Paese. Serve, per una rapida ripresa, un progetto mirato di modernizzazione ed innovazione rivolto agli esercizi di vicinato che sono in grande differenza, da inserire nei progetti dedicati alla rigenerazione urbana.

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