Nel vorticoso prosieguo della surreale e dicotomica compagine governativa giallo-verde, la bufera del voto sulle mozioni Tav che sta, di fatto, certificando la crisi di Governo, disillude le aspettative del Presidente Mattarella, proteso a percorrere la via conciliante e, al tempo stesso, fomenta le preoccupazioni di coloro che prevedono la rinuncia alla consultazione popolare nonostante il possibile strappo definitivo nella fragile solidità della sintonia tra Lega e Pentastellati.
In questo scenario, il pellegrinaggio coatto del Premier Conte al Colle, ha il sapore del preludio all’epilogo di una alleanza governativa resasi necessaria dall’applicazione di una perniciosa legge elettorale che ha mandato in soffitta il bipolarismo, fautore dell’alternanza di forze diverse al potere. Lo stesso entusiasmo popolare, che ha portato il Paese, un anno fa, ad abortire definitivamente la perennemente in gestazione Seconda Repubblica, oggi appare stanca di machiavelliche riproposizioni di “governi balneari” o di “rimpasti” che, nel valzer ballerino di poltrone, dipingono un quadro già visto, dipinto questa volta, nell’arte dell’opportunismo, tra le larghe maglie di un Contratto di Governo, garantito dalla figura di Giuseppe Conte stretto, quest’ultimo, nell’abbraccio soffocante dei due vicepresidenti del Consiglio, con il “Capitano” in grado di depotenziare l’alleato, smarcandosi, al tempo stesso, dall’anziano mentore del centrodestra-che-fu.
Uno scenario tutt’altro che ipotetico oltre il quale, ci si augura, le attuali istituzioni non concorrano a concretizzare meramente l’ennesima riproposizione numerica di una gattopardiana Repubblica.