Troppi antibiotici che rischiano di creare non pochi problemi alla salute e alle casse del Sistema sanitario nazionale. A spiegare consumi ed eccessi – il 30% è dei consumi sono sbagliati e inappropriati – è il rapporto di 188 pagine pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). Indagine riferita al 2019 in particolare per il consumo degli antibiotici che sono la categoria di farmaci a più elevato utilizzo nella popolazione italiana. I dati dicono che circa 4 cittadini su 10 hanno ricevuto nel corso del 2019 almeno una prescrizione di antibiotici a carico del Ssn e sempre nel 2019 gli antibiotici hanno rappresentato il 3,6% della spesa e l’1,5% dei consumi totali a carico del SSN attraverso il canale delle farmacie convenzionate.
Complessivamente i consumi si mantengono superiori a quelli di molti Paesi europei. La spesa pro capite nazionale (13,9 euro), tuttavia, è in diminuzione rispetto all’anno precedente. Gli acquisti privati di antibiotici rimborsabili dal Ssn (classe A nel 2019) sono stati pari a 3,9 dosi ogni 1000 abitanti, che corrisponde al 20% del consumo territoriale totale di antibiotici, e a una spesa pro capite di 2,03 euro. Questi di seguito alcuni dei dati più significati – sui quali riflettere – resi noti dall’Aifa.
Consumo complessivo
Complessivamente nel 2019 il consumo totale di antibiotici – comprensivo dell’acquisto privato -, è stato di 21,4 dosi ogni mille abitanti.
Circa il 90% delle prescrizioni a carico del Ssn proviene dai Medici di Medicina Generale e dai Pediatri di Libera Scelta. La Medicina Generale rappresenta il fulcro del monitoraggio del consumo di questa classe di farmaci, nonché l’ambito su cui è importante agire per migliorarne l’appropriatezza prescrittiva.
I consumi ospedalieri, pur rappresentando una parte minoritaria, meritano di essere attentamente monitorati, in considerazione del loro impatto sulle resistenze batteriche.
Consumo e spesa per antibiotici
La spesa per antibiotici è pari al 3,6% della spesa SSN – antibiotici erogati dalle farmacie pubbliche e private e acquisti strutture pubbliche -.
Il trend di consumo e spesa 2013-2019 rivela una riduzione dei consumi in assistenza convenzionata del 15,2% e della spesa convenzionata del 17,7%.
Nel periodo 2016-2019 è stata registrata una riduzione dei consumi in assistenza convenzionata del 5,8%, valore che si discosta ancora dall’obiettivo auspicato dal Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-resistenza (una riduzione maggiore del 10% del consumo di antibiotici nel 2020 rispetto al 2016).
Profili di inappropriatezza nell’uso degli antibiotici.
L’impiego inappropriato di antibiotici supera il 25% in tutte le condizioni cliniche studiate: influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata e bronchite acuta; a eccezione della bronchite acuta.
Tutti i tassi d’inappropriatezza d’uso degli antibiotici sono comunque in calo, il più evidente è quello per la cistite non complicata. Tutti gli usi inappropriati degli antibiotici per le infezioni delle vie respiratorie sono stati registrati in maggioranza al Sud, nella popolazione femminile, a eccezione della bronchite acuta; e negli individui di età avanzata.
È generalmente inappropriato l’uso di: amoxicillina e acido clavulanico nei bambini (al posto della sola amoxicillina); qualunque antibiotico a seguito di una diagnosi di influenza, raffreddore comune o laringotracheite acuta; l’impiego di fluorochinoloni e cefalosporine in presenza di una diagnosi di faringite e tonsillite acuta; l’impiego di macrolidi come prima linea di trattamento della faringite e tonsillite acuta, a causa dell’elevato rischio di sviluppare resistenza; nella cistite non complicata l’uso in prima linea di qualsiasi antibiotico appartenente alla classe di fluorochinoloni.
Le attitudini prescrittive dei medici e le differenze socio-demografiche e culturali dei diversi contesti geografici incidono in maniera significativa sui consumi, rivelando margini di miglioramento nell’uso appropriato di questi farmaci.
L’uso inappropriato degli antibiotici concorre ad aggravare il problema della resistenza batterica agli antibiotici, rendendo sempre meno efficaci farmaci che in molte situazioni rappresentano dei veri e propri salvavita.
Variazioni stagionali di inappropriatezza d’uso.
Il consumo di antibiotici varia in modo significativo dalla stagione invernale a quella estiva. Si passa da un consumo di 10,1 nel mese di agosto a un massimo di 22,4 nel mese di gennaio. L’utilizzo più frequente di antibiotici nei mesi invernali è correlato con i picchi di sindromi influenzali osservati nei diversi anni.
Poiché le sindromi influenzali non richiedono nella maggior parte dei casi l’impiego di antibiotici per la loro origine di natura virale (salvo casi clinici particolari e eventuali complicanze batteriche), l’aumento così significativo delle prescrizioni di antibiotici in coincidenza con i picchi influenzali è spia di inappropriatezza nei consumi.
Variabilità regionale non del tutto giustificata dall’epidemiologia: indice di possibile inappropriatezza d’uso.
Maggior consumo al Sud e nelle Isole (19,6) e al Centro (16,8) rispetto al Nord (12,4). Progressiva tendenza a un uso più attento di tali medicinali con particolari riduzioni dei consumi proprio nelle aree di maggior utilizzo.
I dati confermano che, al di là della possibile incidenza dell’epidemiologia delle malattie infettive, esistono altri fattori che causano un uso non sempre appropriato di questi farmaci.
Gli antibiotici sono i farmaci più prescritti nella popolazione pediatrica: 4 volte su 10 non vengono scelti antibiotici di prima linea. Il 40,9% della popolazione pediatrica (0-13 anni) ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici nel corso dell’anno. Il maggior livello di esposizione si evidenzia nella fascia compresa tra 2 e 6 anni.
Oltre il 40% delle prescrizioni nella popolazione pediatrica non ha riguardato un antibiotico di prima scelta in base alla classificazione OMS.
Un utilizzo così frequente è in parte dovuto all’elevata incidenza delle malattie infettive in questa fascia d’età. Diversi possono essere i fattori che contribuiscono a un uso eccessivo e spesso inappropriato degli antibiotici nella popolazione pediatrica, tra questi la difficoltà a effettuare una diagnosi microbiologica dell’infezione, la preoccupazione da parte dei pediatri di una scarsa compliance per antibiotici che richiedono 2 o 3 somministrazioni giornaliere e infine le pressioni da parte dei genitori, che inducono spesso il pediatra a una scarsa aderenza alle raccomandazioni delle linee guida esistenti.
Gli antibiotici di prima linea sono quelli da utilizzare in prima istanza per una specifica condizione clinica, anche perché consentono di ridurre il rischio di reazioni avverse e lo sviluppo di resistenze batteriche.
Differenze nei consumi per fasi della vita e genere
Maggior consumo di antibiotici nelle fasce di età estreme, con un livello più elevato nei primi sei anni di vita e dopo i 75 anni.
Utilizzo più frequente di antibiotici per le donne nelle fasce d’età intermedie e per gli uomini in quelle estreme.
La più alta prevalenza d’uso degli antibiotici nei bambini e negli anziani è dovuta alla maggiore incidenza di malattie infettive in queste fasce di età.
Il più frequente utilizzo di antibiotici per le donne nelle fasce d’età intermedie è verosimilmente correlato al trattamento delle infezioni delle vie urinarie; per gli uomini in quelle estreme può essere ricondotto al trattamento di sovrainfezioni batteriche nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva.
Confronto nei consumi con gli altri Paesi Europei
Il consumo territoriale, comprendente sia l’erogazione a carico del SSN che gli acquisti a carico del cittadino, nel 2019 si è mantenuto superiore rispetto alla media europea.
Il consumo ospedaliero è sostanzialmente allineato a quello della media europea, sebbene con alcune differenze nella tipologia di antibiotici somministrati.
Uso degli antibiotici durante l’epidemia COVID-19
Il consumo di antibiotici registrato nel primo semestre 2020 nell’ambito dell’assistenza convenzionata è stato pari a 13,2 in riduzione del 26,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Per quanto riguarda gli acquisti diretti si rileva una lieve riduzione pari all’1,3%, con ampie differenze a livello regionale. L’incremento degli acquisti registra un picco nel mese di marzo 2020, con un valore raddoppiato rispetto al 2019.
I macrolidi mostrano un incremento del 77% rispetto al 2019, con l’azitromicina che fa registrare un aumento del 160%.