“Intervenire urgentemente”. Per ora la richiesta appare il messaggio nella bottiglia buttata in un mare di disinteresse. Eppure per famiglie e imprese, la stretta sul credito che le banche inizieranno ad esercitare da gennaio, appare così preoccupante da gareggiare con i timori dei contagi da Covid. La posta in gioco è alta e tranciante: bastano tre mesi di uno sforamento anche di 100 euro per finire segnalati alla centrale rischi e avere il conto corrente bloccato. Una situazione che desta una preoccupazione seria, tanto che le associazioni di categoria hanno inviato una lettera con un accorato appello all’Europa – per rinviare le nuove norme – a scendere in campo sono state tutte le associazioni di categoria ad iniziare dalla Confcommercio e ABI. Lungo è l’elenco dei sottoscrittori del documento: Alleanza delle Cooperative Italiane (AGCI, Confcooperative, Legacoop), Casartigiani, CIAAgricoltori Italiani, CLAAI – Confederazione Libere Associazioni Artigiane Italiane, CNA – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confedilizia, Confesercenti, Confetra, ConfimiIndustria, Confindustria -.
La lettera è stata inviata alle istituzioni europee per chiedere di intervenire urgentemente su alcune norme in materia bancaria che, “pensate in un contesto completamente diverso da quello attuale e caratterizzate da un eccesso di automatismi, rischiano di compromettere irrimediabilmente le prospettive di recupero dell’economia italiana ed europea”.
Le associazioni segnalano che “di fronte ad una emergenza straordinaria come quella attuale, è indispensabile andare oltre gli schemi del passato e avere una capacità di visione che consenta di concentrare gli sforzi di tutti verso il comune obiettivo della ripresa”.
“Il credito”, si legge nella nota, “ha assunto e assume un ruolo cruciale, nelle fasi più acute della crisi, per assicurare la necessaria liquidità alle imprese, private delle loro entrate o comunque investite da shock imponenti tanto dal lato della domanda quanto da quello dell’approvvigionamento dei fattori produttivi. Altrettanto essenziale, se non di più, sarà il supporto del credito nella fase successiva, per sostenere le imprese nel percorso di ripristino delle condizioni di economicità dei loro business, in condizioni di incertezza che rischiano di protrarsi per un lungo periodo”.
Per le associazioni imprenditoriali italiane “occorre che una serie di criticità nel quadro regolamentare bancario, debbano essere superate per evitare che situazioni di temporanea difficoltà delle imprese si trasformino in crisi irreversibili per effetto degli automatismi incorporati in alcune norme di primo e secondo livello e in una restrizione dell’offerta di credito esiziale nel contesto attuale”. “È necessario”, si legge inoltre nel documento, “procedere immediatamente ad alcune modifiche ed adattamenti temporanei, che consentano alle banche di offrire il massimo supporto all’economia reale nel momento in cui questo è la condizione per la tenuta del tessuto produttivo”.
È urgente intervenire sulle regole relative all’identificazione dei debitori come deteriorati (c.d. “definizione di default”). “Il combinato disposto di una norma restrittiva”, si fa presente nell’appello, “come quella che limita a 90 giorni il periodo di ritardo di pagamento ammesso, con l’applicazione, da gennaio 2021, di nuove e più restrittive soglie per gli importi scaduti, nonché i nuovi criteri per il trattamento dei crediti ristrutturati, rischiano di determinare la classificazione a default di un numero ingentissimo di imprese, comunque sane. Queste imprese perderebbero l’accesso al credito, con quello che ne consegue in termini di prospettive di ripresa”. La missiva diventa quasi una implorazione al rinvio spiegando le difficoltà eccezionali contro cui le imprese si battono.
“È indispensabile evitare”, sottolineano i sottoscrittori, “che, alla classificazione di un credito come deteriorato, consegua in tempi troppo stretti e predeterminati l’imposizione di coperture a carico delle banche fino all’annullamento del valore del credito (c.d. “calendar provisioning”). Un approccio di questo tipo – che in generale induce le banche a restringere i criteri di concessione del credito – appare particolarmente dannoso in questo momento, in quanto introduce un incentivo perverso a favore della cessione del credito, al primo segno di deterioramento, al di fuori del circuito del mercato bancario regolamentato, invece di incoraggiare la banca ad accompagnare il cliente in un percorso di ristrutturazione. In ogni caso, queste norme debbono tenere conto dei rallentamenti, osservati in tutta Europa, nell’attività giudiziaria conseguenti alla crisi pandemica”. Naturalmente per le Associazioni di categoria il problema dei debiti e dei conti in rosso, è un problema serio che va affrontato, ma non ora, perché bisognerà stabilire tempi e modalità diverse.
“Più in generale, una serie di aggiustamenti mirati alle norme relative agli effetti delle operazioni di cessione di crediti deteriorati, alle cessioni tramite cartolarizzazioni, al trattamento degli NPL acquistati dalle banche, saranno essenziali per consentire una gestione meno traumatica da parte delle banche di quella quota di esposizioni che andranno comunque in default. Una corretta valorizzazione dei crediti è infatti nell’interesse non solo delle banche ma anche delle imprese”.
“L’eccezionale severità della crisi”, conclude la nota, “richiede di intervenire con tempestività e pragmatismo, attivando tutti gli strumenti necessari per limitare le conseguenze economiche e sociali. I problemi citati e le proposte condivise”.