giovedì, 19 Dicembre, 2024
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Ubaldo Livolsi: la Patrimoniale? Divisiva e crea sfiducia. Sui fondi Ue, l’Italia punti su innovazioni e progetti Green

Domande e risposte chiare su una probabile patrimoniale, sui fondi europei del Mes e sui fondi di Next Generation EU destinati all’Italia, 209 miliardi di euro, per comprendere l’evoluzione della situazione economica, gli scenari che si determineranno a fine anno e nei primi mesi del 2021. A dare indicazioni è il banchiere d’affari prof. Ubaldo Livolsi, che per esperienza professionale, caratura internazionale, conoscenza dei mercati, è una guida certa e lungimirante.

Buona lettura!

Professor Ubaldo Livolsi, con frequenza allarmante il Governo ci sta abituando all’idea di una patrimoniale. Brevi note a margine di conferenze stampa, accenni in apparenza casuali, dichiarazioni perentorie provenienti anche dal mondo imprenditoriale, fino ad arrivare all’ultimo emendamento per nuove imposte, che hanno scatenato polemiche infinite, per poi essere “ritirate”. Sembrano sibilline le informazioni che si insinuano nelle menti dei risparmiatori, costringendoli alla riflessione sul futuro del loro patrimonio. Cosa pensa che accadrà in futuro avendo la consapevolezza che l’Europa sia cosciente del fatto che in Italia ci siano oltre 10 mila miliardi di attivi e per tal motivo potrebbero non essere disponibili a continuare a far aumentare l’indebitamento. Secondo Lei, cosa accadrà? La patrimoniale sarà una soluzione fattibile?
“L’iniziativa, posta in particolare dai partiti della sinistra, penso alle dichiarazioni dei deputati Nicola Fratoianni (LeU) e Matteo Orfini (PD), inserita nel dibattito sui conti dello Stato e la destinazione dei fondi europei in giorni drammatici come questi della pandemia, mi pare inopportuna, più che per il contenuto, per il metodo. Si tratta di una proposta dividente. Di fronte all’emergenza sanitaria, la politica dovrebbe dimostrare unità. Come sostengo, anche da questa testata giornalistica, oggi dobbiamo dare fiducia al Paese, alle persone e alle imprese affinché i risparmi siamo investiti nell’economia e nel futuro. Se togliamo speranze anche sulla casa di proprietà – su cui non dimentichiamo le tasse vengono pagate – tutto il sistema delle aspettative viene indebolito. Il rischio, è che si compromettano gli investimenti in generale. Anzi, così si può anche incentivare il trasferimento dei capitali all’estero. Non dimentichiamo inoltre, che la nostra Costituzione prevede il sistema fiscale progressivo; le grandi ricchezze pagano già maggiormente rispetto alla media. Oggi siamo arrivati al 47/48% di tasse, se si considerano anche i tributi locali, se proprio si vuole tassare, si pensi alle plusvalenze finanziarie, che raggiungono livelli di molto inferiori della media dell’Irpef. Bisogna stimolare i consumi e il sistema produttivo. Fare crescere il Pil, non la tassazione”.

La fiducia genera un forte impatto sull’attrattività economica del sistema Italia. Come, essa, viene percepita verso il sistema produttivo e le istituzioni?
“Siamo arrivati al momento dell’approvazione del Fondo salva-Stati, più noto come MES (Meccanismo europeo di stabilità), che per giunta è stato anche rivisto e riclassificato da Bruxelles. Sappiamo che si sono schierati contro il centro-destra (Lega, FI e FdI), favorevoli il PD, IV e parte del M5S. Un pezzo del movimento fondato da Beppe Grillo è contrario. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha fatto intendere che, se cadesse il Governo presieduto da Giuseppe Conte, non ci sarebbe un nuovo Esecutivo, ma si andrebbe alle elezioni. È evidente che, in emergenza da Covid-19, si tratta di un messaggio nocivo, non solo per gli italiani. Se le nostre forze politiche non trovano la quadratura sui fondi europei si dà un segnale pessimo all’Unione europea. Non solo. Secondo quanto mi risulta, molti imprenditori e investitori stranieri guardano all’Italia, come a un Paese dove si potrebbe investire considerando la qualità, sia di tanta parte delle nostre grandi aziende e Pmi, sia del sistema imprenditoriale. L’immagine litigiosa della nostra politica non giova. Credo che l’errore di questo Governo sia stato quello, al di là delle parole, di non aver coinvolto adeguatamente l’opposizione e i corpi intermedi nelle decisioni”.

Il Next Generation Eu è ripartito in diversi programmi di spesa. Il principale è il Recovery and resilience facility (“Dispositivo per la ripresa e la resilienza”): quello che tutti chiamano comunemente Recovery Fund e che è il piatto forte – e la novità – dell’azione europea. Si tratta di un fondo che arriva a 672,5 miliardi di euro, divisi in 360 prestiti e 312,5 sussidi. A questo se ne aggiungono altri: React-Eu, Horizon Europe, InvestEU sono i principali e in tutto metteranno a disposizione circa 75 miliardi di euro di sovvenzioni. Che impatto prevede nel lungo periodo sull’economia italiana grazie a questi programmi di spesa, e quali saranno i settori sui quali gli investitori dovranno puntare?
“I fondi di Next Generation EU destinati all’Italia sono pari a 209 miliardi di euro. È indubbio che si tratta di un’occasione storica. Come sottolineato anche di recente dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, all’inaugurazione dell’anno accademico dell’ Università Bocconi, alla presenza di Mario Monti e di Gianmario Verona, rispettivamente presidente e rettore dell’ateneo, questi fondi, più che per sanare la crisi dovuta al Covid-19, servono e devono essere utilizzati per il futuro. L’Europa vuole diventare il primo continente a zero emissioni nel 2050. L’imperativo, con cui concordo, è quindi di investire in economia sostenibile. In questo senso l’Italia parte in una situazione di vantaggio. Noi abbiamo già eccellenze. Penso agli investimenti e alle tecnologie per ottenere idrogeno green o blu da fonti rinnovabili, a quelle per la riduzione delle emissioni di CO2, alle eoliche e solari. Imprese che vedono protagonisti non solo i nostri grandi player (Eni, Enel e Snam), ma anche numerose piccole e medie aziende e startup, spesso di origine universitaria. Altro capitolo su cui investire è quello delle infrastrutture, non solo fisiche, ma digitali, altro tema programmatico di Next Generation EU. Significa non solo investire nelle tecnologie legate alla Rete, ma anche nei settori dell’elettronica e dell’ingegneria, nella telemedicina, nella sanità e persino nella giustizia, per diminuire la burocrazia e accelerarne i tempi. Per ottenere tutto ciò le aziende devono fare la loro parte, investendo e rischiando, anche e soprattutto col contributo del capitale di rischio”.

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