Una emergenza silenziosa e grave, di cui nessuno parla e che si affida, per mostrare le sue drammatiche ragioni, alle iniziative di associazioni di volontariato e a settori del giornalismo che hanno a cura le notizie scomode. È il caso del preoccupato intervento del Comitato Esecutivo FAVO – Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, che racconta i drammi personali dei malati di tumore a cui sono state sospese le cure e, addirittura in caso di contagio da Covid, sono esclusi anche dai trattamenti di terapia intensiva. Sarebbe già questo uno scandalo se non un reato. In una lettera del Favo a “QuiSanità” la Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, si dichiara “fortemente preoccupata”, per i malati di cancro che, se contagiati dal Covid-19, “devono temere di essere esclusi dai trattamenti intensivi”. “Sappiamo bene che l’emergenza causata dall’epidemia da Sars-CoV2 ha sottoposto il Servizio Sanitario Nazionale a una pressione straordinaria”, scrive la Federazione illustrando la situazione che si è creata, “causando, in alcune fasi e territori, situazioni di pesante squilibrio tra necessità assistenziali e risorse disponibili in termini di assistenza sanitaria soprattutto nei casi più gravi di malattia al punto da determinare l’impossibilità di garantire le cure intensive a tutti i pazienti per i quali sarebbero indicate con conseguente, drammatica necessità di operare delle scelte sulla base di criteri di priorità”.
Per la Favo tuttavia si sta determinando una situazione grave e “inaccettabile”.
“Nell’eventualità di dover operare dette scelte, però, non è accettabile che gli operatori sanitari”, osserva la Federazione, “si basino su discriminanti che colpiscono quei pazienti, tra cui quelli oncologici, che, in condizioni ordinarie potrebbero viceversa contare su di una aspettativa di vita anche di molti anni ancora e che invece viene negata a causa della situazione straordinaria”. Al centro della riflessione della Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, le linee guida per le cure del Covid.
“Abbiamo letto con grande attenzione”, prosegue la nota della Favo, “la proposta di Linee guida per il triage Covid, redatta dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti) e dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (Simla) di cui si è trattato su queste pagine nei giorni scorsi. Siamo ben consapevoli della gravità della situazione causata dalla pandemia in corso e delle conseguenti, non facili, dolorose, scelte che possono rendersi necessarie a causa di carenze strutturali delle terapie intensive che, in alcuni casi (comunque troppi) non sono in grado di rispondere alle necessità di cura delle migliaia di persone malate di Covid e di altre patologie”. La Favo è inoltre consapevole delle difficoltà e della complessità sanitaria della situazione ma questo non riduce il problema dei malati oncologici.
“Il documento di triage Covid, contiene fondamentali richiami ai valori etici della professione medica”, prende atto la Favo, “anche espressi nel codice deontologico oltre che al noto principio della bioetica relativo all’equa distribuzione delle risorse, principi più che condivisi dalla Favo”. Tuttavia c’è un punto su cui la Federazione chiede attenzione soprattutto in cui nel documento si osserva che: “l’accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere un concreto, accettabile e duraturo beneficio”.
“Il documento di triage Covid”, prosegue la Federazione, “declina in concreto le indicazioni per la valutazione dei casi mediante tabelle di stratificazione (allegate al detto documento) per identificare e garantire “l’accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere un concreto, accettabile e duraturo beneficio” secondo “criteri rigorosi, quali: gravità quadro clinico, comorbilità, stato funzionale pregresso, impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali , conoscenza di espressioni di volontà precedenti nonché la stessa età biologica, la quale non può mai assumere carattere prevalente”. Su questo tema la Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, chiede massima chiarezza e attenzione. “Nello specifico delle comorbilità si menziona la neoplasia solida metastatizzata”, scrive la Favo, “in modo generico e senza altra valutazione, attribuendo un punteggio unico fisso (6) che, di fatto, significa escludere il paziente con tumore metastatico dalle cure intensive in caso di Covid e questo è motivo di grave turbamento e preoccupazione: sulla base di questa insufficiente e anacronistica indicazione”, sottolinea con disappunto la Favo, “la probabile esclusione del paziente oncologico dalle cure intensive significa condannare a morte pressoché certa il malato che, invece, grazie alle attuali possibilità di trattamenti antitumorali anche integrati (non solo chemio, radio, chirurgia ma anche terapie mirate, immunoterapia), potrebbe vivere ancora per molti anni e finanche guarire”.
La Federazione indica a sua ragione cosa può accadere.
“Ad esempio, con un tumore mammario con metastasi si può convivere a lungo con buona qualità di vita, ed anche con GIST o alcune forme di tumori polmonari, o melanomi o tumori del colon retto, grazie ai farmaci a bersaglio molecolare, immunoterapia o nuovi schemi di associazione di trattamenti si ha un’aspettativa di vita di molti anni”, prosegue la lettera, “le possibilità di cure dell’oncologia moderna, che consentono una normale attività quotidiana a lungo, anche in presenza di metastasi, sembra non siano conosciute dagli estensori dei criteri di cui si tratta. È pertanto assolutamente necessario”, conclude la nota della Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia, “rielaborare le tabelle di stratificazione del rischio di morte del documento di triage Covid, con il coinvolgimento attivo delle Società scientifiche di riferimento e delle Associazioni dei malati”.