mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Salute

Emergenza Covid. Nuove priorità di cura. Anestesisti e medici legali: cure intensive, valutazione comparativa delle condizioni globali dei pazienti

“Stabilire dei criteri, coerenti con i principi etici e con quelli professionali, che possano supportare il medico, qualora si trovi di fronte a scelte tragiche, dovute allo squilibrio tra necessità e risorse disponibili. E che possano garantire comunque al paziente i suoi diritti: dargli la certezza che non sarà abbandonato, ma sarà preso in carico con gli strumenti possibili, appropriati e proporzionati”. Nuove possibili linee guida per il triage Covid sulle quali il Sistema sanitario nazionale ha aperto la discussione pubblica sul sito web del Sistema nazionale linee guida. Secondo il documento l’età anagrafica ora non è più motivo di esclusione da cure qualora si ponga il problema su chi curare in carenza o in assenza di risorse, spazi e apparecchiature.

Il nuovo documento è stato messo a punto dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti) e dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (Simla). Secondo i commenti questo nuovo documento rappresenta un passo in avanti di un percorso per la condivisione di una metodologia utile a orientare gli operatori di fronte a quei casi in cui le strutture sanitarie dovessero trovarsi in una situazione di “completa saturazione tale da determinare l’impossibilità di garantire le cure intensive a tutti i pazienti” e “per i quali” fa presente il nuovo documento Siaarti-Simla, “sarà necessario ricorrere a criteri di priorità”.

“In caso di sproporzione”, sottolineano anestesisti e medici legali, “tra necessità dei pazienti e risorse sanitarie, trattare i pazienti secondo il loro ordine di arrivo non risponde a un criterio di equità”, sottolineano anestesisti e medici legali, “si farebbe infatti una differenza tra pazienti a seconda del momento in cui hanno sviluppato la necessità di essere trattati”.

Per le due società scientifiche, “è quindi indispensabile ricorrere a un triage, cioè a una valutazione finalizzata a stabilire quali pazienti abbiano la priorità di trattamento”.

E, “nel caso delle cure intensive, si tratta di effettuare una valutazione comparativa delle condizioni globali dei pazienti non al fine di stabilire chi è più grave o ha maggiori necessità di cure, ma chi potrà con più probabilità (o con meno probabilità) superare l’attuale condizione critica con il supporto delle cure intensive stesse (sopravvivenza in terapia intensiva, con una ragionevole aspettativa di vita al di fuori di essa)”.

“Tali criteri di triage”, si mette in evidenza nel documento, “non hanno una gerarchia predefinita e non vanno visti come assoluti, ma vanno bilanciati e contestualizzati in ciascuna condizione clinica, nella quale uno o più di essi possono assumere maggiore importanza e quindi guidare in modo prevalente la decisione clinica”.

“L’opinione e le preferenze del/la paziente riguardo ai trattamenti è indispensabile per definire la proporzionalità delle cure. Le volontà del/la paziente riguardo alle cure devono pertanto essere indagate in una fase precoce della valutazione, per evitare di sottoporre a triage pazienti che non desiderano ricevere cure intensive”, rimarcano Siaarti e Simla. “L’età”, sottolineano infine anestesisti e medici legali, “non è di per sé un criterio sufficiente per stabilire quali pazienti possono maggiormente beneficiare delle cure intensive e pertanto non è possibile farvi ricorso in fase di triage stabilendo dei cut-off (soglie di età). Solo a parità di altre condizioni, il mero dato anagrafico (età in anni) può avere un ruolo nella valutazione globale della persona malata in quanto con l’aumentare dell’età si riducono le probabilità di risposta alle cure intensive”.

Gli obbiettivi generali del documento – aperto alla discussione pubblica e quindi non ancora definitivo -. Per Siiarti e Simla  la finalità primaria è “offrire ai professionisti sanitari uno strumento idoneo a rispondere in modo appropriato all’attuale situazione di emergenza, che riguarda potenzialmente la salute di tutti i cittadini, nel caso in cui si verificasse uno squilibrio tra domanda di assistenza sanitaria e risorse disponibili”.

E poi tre obbiettivi specifici: fornire ai professionisti sanitari criteri condivisi per l’ammissione, la permanenza e la dimissione dei pazienti nel livello di ricovero ad alta intensità di cure, nonché orientare verso un appropriato trattamento dei pazienti ai livelli di media e bassa intensità di cure; garantire la trasparenza delle scelte degli operatori sanitari attraverso una chiara esplicitazione dei criteri decisionali; preservare il rapporto di fiducia tra cittadini, operatori sanitari e Sistema sanitario nazionale durante l’emergenza. Sono 12 i contesti medici scientifici a cui fa riferimento il nuovo percorso terapeutico messi a punto dagli esperti delle due società scientifiche e sui quali è ora aperta la discussione pubblica. Ecco i 12 punti in discussione.

1. L’aumento della domanda di assistenza sanitaria (sui 3 livelli di ricovero: ordinario, semi-intensivo, intensivo), indotto da situazioni quali quelle determinate dalla pandemia, non fa venir meno la necessaria aderenza, nella tutela della salute, ai principi costituzionali e fondativi del Servizio Sanitario Nazionale, nonché ai principi deontologici e in particolare a quelli di universalità, uguaglianza (non discriminazione), solidarietà e autodeterminazione.

2. È responsabilità dell’organizzazione sanitaria, a ogni livello decisionale, adeguare la risposta sanitaria sul piano delle risorse logistiche, tecnologiche e umane per fronteggiare la crisi stessa.

3. In caso di sproporzione tra necessità e offerta di assistenza, devono essere predisposte localmente tutte le strategie organizzative mirate a fornire a ogni paziente il trattamento appropriato (aumento dei posti letto sia ordinari sia intensivi, incremento/ridistribuzione delle risorse umane e tecnologiche, implementazione del sistema di trasferimento di pazienti tra strutture). I professionisti devono segnalare ai livelli istituzionali competenti le carenze che determinano l’impossibilità di porre in essere tali strategie.

4. Ad ogni livello di intensità di cura, nel caso di una saturazione delle risorse assistenziali tale da determinare l’impossibilità di garantire a tutti i pazienti il trattamento indicato, è necessario ricorrere al triage, piuttosto che ad un criterio cronologico (ordine di arrivo dei pazienti) o casuale (sorteggio).

5. La finalità del triage di terapia intensiva è, nel rispetto dei richiamati principi, garantire i trattamenti di supporto vitale al maggior numero possibile di pazienti che ne possano avere benefici.

6. Il triage deve basarsi su parametri clinico-prognostici definiti e il più possibile oggettivi e condivisi. La valutazione, mirata a stratificare le probabilità di superare l’attuale condizione critica con il supporto delle cure intensive, dovrà procedere basandosi sulla valutazione globale di ogni singola persona malata attraverso i seguenti parametri:

• numero e tipo di comorbilità

• stato funzionale pregresso e fragilità

• gravità del quadro clinico attuale

• presumibile impatto dei trattamenti intensivi, anche in considerazione dell’età del/la paziente

• La volontà del/la paziente riguardo alle cure intensive dovrebbe essere indagata prima possibile nella fase iniziale del triage.

7. L’età deve essere considerata nel contesto della valutazione globale della persona malata e non sulla base di cut-off predefiniti.

8. In caso di incapacità, deve essere verificata con attenzione l’eventuale presenza di volontà precedentemente espresse dai pazienti attraverso disposizioni anticipate di trattamento o una pianificazione condivisa delle cure. A tutti i pazienti per i quali è prevedibile la futura necessità di cure intensive, dovrebbe essere proposta una pianificazione condivisa delle cure.

9. Tutti gli accessi alle cure devono essere sottoposti a quotidiana rivalutazione della sussistenza della indicazione clinica, degli obiettivi di cura e della proporzionalità.

10. I pazienti per i quali non sia possibile un percorso di cura intensivo devono ricevere i più indicati trattamenti di minore intensità.

11. Nel caso un/a paziente non risponda al trattamento o si complichi in modo severo, la decisione di interrompere le cure intensive (desistenza dai trattamenti futili) e di rimodularle verso le cure palliative non deve essere posticipata.

12. Compatibilmente con le risorse umane disponibili, è necessario che le decisioni non siano demandate a una singola figura professionale, ma rappresentino il risultato di una valutazione collegiale del team medico-assistenziale, il quale si può avvalere, se necessario, anche di figure professionali esterne (“second opinion”). La decisione di porre una limitazione alle cure intensive deve essere adeguatamente motivata, comunicata e documentata nella cartella clinica.

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