sabato, 21 Dicembre, 2024
Sanità

Istituto Spallanzani: Emergenza e lotta al Coronavirus

Abbiamo posto alcune domande alla Dottoressa Marta Branca, Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, riguardanti il ruolo centrale dell’Istituto nella lotta al corona virus e abbiamo ripercorso insieme a lei le tappe principali di questi ultimi mesi di emergenza. 

Il 30 gennaio 2020 i due coniugi cinesi, primi due contagiati sul territorio italiano, originari di Wuhan, sono arrivati all’Istituto in condizioni critiche, com’è stato dover affrontare questo nuovo virus senza sapere esattamente contro cosa si stava combattendo?
Lo Spallanzani è un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico specializzato nelle malattie infettive, quindi unisce i laboratori di ricerca e l’ospedale per la cura delle patologie infettive di qualunque genere comprese quelle emergenti e riemergenti, quindi quelle nuove che provengono da paesi esteri. I nostri medici e ricercatori sono dunque attenti a quello che avviene nella comunità internazionale e stavano già verificando e studiando ciò che stava accadendo in Cina, come fanno anche in tutto il resto del mondo. Vengono osservate e studiate anche le nuove patologie e quando sono arrivati questi due pazienti i nostri medici e ricercatori sapevano di cosa si stava parlando, non era un virus di cui loro non avevano mai sentito parlare, certo non c’era effettivamente la cura quindi è stato certamente un grosso impegno anche perché è un tipo di virus molto contagioso che va trattato con una certa cautela anche dal punto di vista delle attrezzature, era dunque necessario avere un’attrezzatura di protezione adatta a maneggiare i campioni. Devo dire però  che il personale dello Spallanzani è addestrato a utilizzare dispositivi di protezione e conosce bene le linee guida per evitare il contagio perché chiaramente si occupa di malattie infettive, quindi da questo punto di vista è stato un impegno ma gestibile, è stato molto impegnativo gestire tutta la parte riguardante la comunicazione perché siamo stati molto pressati da richieste dei media che si preoccupavano di quello che stava accadendo, quindi  su questo siamo stati un po’ impreparati forse all’inizio e poi abbiamo imparato a gestire questo mondo della comunicazione che comunque è importante anche per non divulgare notizie che possano allarmare le persone.

Il 2 febbraio 2020 i virologi del vostro Istituto a meno di 48 ore dalla diagnosi di positività dei due pazienti sono riusciti ad isolare il virus, può spiegare il percorso che ha portato al raggiungimento di questo fondamentale obiettivo?
Il punto di forza dello Spallanzani è proprio l’unione della parte clinica con la parte della ricerca, il che significa che i medici e i ricercatori lavorano a stretto contatto e quotidianamente hanno uno scambio di dati e informazioni,  questo permette di poter mandare subito i dati in laboratorio e di poterci lavorare, quindi il nostro laboratorio è riuscito ad isolare questo virus in 48 ore perché ha avuto disponibili immediatamente questi dati, i nostri laboratori e ricercatori li hanno resi a loro volta disponibili alla comunità scientifica. Questo fatto non è scontato perché in alcuni casi i dati scientifici che vengono evidenziati dalle ricerche non sempre vengono messi a disposizione gratuita di tutta la comunità scientifica internazionale. 

La terribile escalation di contagi in Italia ha portato il paese ad essere il sesto nel mondo e il secondo in Europa per numero di decessi, è stato il primo paese europeo a sospendere tutti i voli diretti da e per la Cina, attuando così una delle misure più drastiche nell’UE, il 9 marzo il presidente del consiglio Giuseppe Conte, annuncia agli italiani la chiusura totale del paese e il lockdown, secondo lei, com’è stata gestita quella fase sia a livello politico che a livello sanitario?
A livello politico possiamo dire che il governo ha utilizzato un team di specialisti composto da epidemiologi, infettivologi, laboratoristi ecc.. ovvero il cosiddetto comitato tecnico scientifico. Era necessario creare questo comitato perché i decisori politici si sono dovuti basare su delle evidenze scientifiche e quindi hanno  bisogno di avere suggerimenti da persone appartenenti al campo scientifico, poi chiaramente le decisioni politiche sono decisioni che tengono in considerazione tutta la situazione e non solo l’aspetto tecnico scientifico. Rispetto al lockdown il nostro paese ha seguito alcuni altri paesi che prima di noi, in particolare la Cina, aveva utilizzato questo metodo. È stata una decisione importante perché ha impedito di fatto il meccanismo del contagio, ed è servito per diminuire l’impatto che c’era stato sugli ospedali, perché il rischio in questi casi è quello che gli ospedali vadano in affanno, c’è stato infatti un momento in cui moltissime persone insieme hanno avuto bisogno di un supporto respiratorio che potevano dare solo le terapie intensive. Lo Spallanzani e gli ospedali della rete delle malattie infettive della Regione Lazio hanno incrementato molto i posti di ricovero ordinario e di terapia intensiva, nel nostro caso avevamo intorno ai 230 posti letto, che abbiamo poi incrementato utilizzando ad esempio il meccanismo della coorte cioè abbiamo ricoverato due pazienti con la stessa patologia nella stessa stanza così da poter raddoppiare i posti letto, abbiamo incrementato l’attrezzatura, abbiamo acquistato altri letti, abbiamo acquisito altro personale medico ed infermieristico e abbiamo acquistato attrezzature per le terapie intensive. 

A seguito dell’aumento esponenziale dei contagi è inevitabile secondo lei un nuovo lockdown nazionale?
Noi abbiamo fatto una grande esperienza come regioni e come paese in questo periodo, i posti letto negli ospedali sono stati incrementati, il personale è stato aumentato e dal punto di vista della ricerca e delle terapie abbiamo capito come trattare le persone a seconda della loro gravità, stiamo portando avanti studi sul vaccino e le persone hanno imparato che ci sono delle regole da rispettare come il distanziamento, l’uso della mascherina ed il lavaggio delle mani. Oggi dunque, rispetto a gennaio, la situazione e le conoscenze sono diverse anche dal punto di vista della prevenzione, credo dunque che tutto questo ci abbia fatto imparare e capire quali sono i provvedimenti migliori da attuare. Il governo per ora sta utilizzando un sistema di chiusure mirate per evitare di chiudere tutto il paese, perché si è capito meglio come agire, credo comunque che limitare alcune attività sia purtroppo necessario anche solo momentaneamente perché ciò alleggerisce la pressione sugli ospedali ed evita che le persone si possano aggravare. Delle limitazioni sono dunque necessarie, noi lo vediamo dal lato ospedaliero che vi è una crescita delle persone che hanno bisogno del ricovero. Queste chiusure mirate servono dunque a non fermare totalmente la società e l’economia ma allo stesso tempo impedire l’espandersi del virus. Non dimentichiamo che stiamo andando incontro al periodo influenzale e ogni anno ci sono  moltissime persone che si recano in ospedale, perché l’influenza essendo una patologia infettiva può portare a conseguenze importanti quindi se noi abbiamo gli ospedali pieni a causa del COVID rischiamo di non assistere le persone che hanno altre patologie, è necessario dunque non far sovrapporre le esigenze. 

In questi ultimi giorni la notizia di un possibile vaccino sta spopolando, ma ciò porta anche a molti dubbi, questo vaccino è realmente pronto, è sicuro, sarà disponibile per tutti? E se lo fosse quando?
Le sperimentazioni sui vaccini sono molte a livello globale, o almeno parliamo di quelle che l’OMS ha validato, ovvero che ha ritenuto fossero sperimentazioni aventi tutti i crismi necessari e che rispettassero i criteri di sicurezza. La notizia che circola in questi giorni è quella di una di queste sperimentazioni che era iniziata diversi mesi fa e che aveva raggiunto la così detta fase 3, perché queste sperimentazioni hanno un tempo che devono rispettare ed è una procedura che viene stabilita dalle autorità regolatorie, nel caso dell’Italia l’AIFA  (Agenzia Italiana del Farmaco), ma che rispetta comunque delle linee guida internazionali. Queste sperimentazioni prevedono dei tempi non comprimibili, per evitare di compromettere la sicurezza delle persone che si sottopongono a queste vaccinazioni, è dunque necessario far passare questo tempo, che sono le così dette fase 1, 2 e 3; durante le quali i vaccini vengono sperimentati e si verifica che non ci siano delle controindicazioni per le persone. In questi giorni la notizia di questo vaccino è uscita proprio perché una di queste sperimentazioni ha raggiunto la fase 3, tale per cui questo vaccino è ritenuto sicuro e può essere messo in produzione; è ora però necessario attendere la validazione da parte delle autorità regolatorie nazionali quindi attendiamo il responso dell’AIFA, non dimentichiamo che al momento ci troviamo di fronte ad un comunicato stampa su risultati preliminari, aspettiamo quindi di vedere i dati scientifici alla fine della sperimentazione. Io stessa mi auguro che questo vaccino sia efficace, che venga messo in commercio e che sia disponibile alla maggior parte della popolazione quanto prima. Per quanto riguarda lo Spallanzani anche l’istituto sta facendo una sperimentazione vaccinale, abbiamo iniziato insieme ad una società privata che ha svolto una sperimentazione in fase pre clinica, ora noi ci troviamo nella fase clinica, quindi stiamo sperimentando sugli esseri umani. Abbiamo iniziato il 24 agosto e la sperimentazione dovrà durare almeno fino all’autunno dell’anno prossimo e quindi noi continuiamo sperando che non ci sia nessun evento avverso, se qualcun altro dovesse arrivare a trovare un vaccino, noi saremmo molto soddisfatti perché i risultati positivi di altri possono essere usati da tutti, quindi potrebbe facilitare e velocizzare anche la nostra sperimentazione. 

Cosa ne pensa, a seguito delle varie manifestazioni nelle città italiane, di coloro che negano l’esistenza del virus?
Come direttore generale di un istituto di ricerca, io ascolto e mi fido di quello che dicono i ricercatori e i medici che lavorano allo Spallanzani, quindi rispetto alla mia opinione in merito, io non sono negazionista e credo che le persone che negano l’esistenza del virus o che ne sottovalutano l’importanza, debbano seguire e fidarsi delle persone che fanno questo mestiere e non di quelli che sui social s’improvvisano scienziati senza però averne i titoli. E comunque invito chi pensa che il virus sia un’invenzione a farsi un giro in un qualunque reparto di terapia intensiva in giro per l’Italia

I pronto soccorsi italiani sono al collasso, come si è arrivati a questo punto e cosa si può fare per migliorare la situazione? E voi, come Spallanzani, vi trovate in una situazione critica o ancora gestibile?
In questi casi secondo me è sempre meglio avere una collaborazione fra strutture, nella regione Lazio secondo la mia esperienza vi è un grande coordinamento di tutte le strutture pubbliche e  private le quali sono tutte monitorate e collegate da una piattaforma elettronica, per cui i dati sono sempre in continuo aggiornamento. Abbiamo anche creato una rete di strutture alberghiere messe a disposizione per le persone che possono essere dimesse dall’ospedale, ma che devono  comunque rimanere in una struttura per essere ancora seguiti non potendolo fare a casa propria, poi ci sono anche molti pazienti seguiti a domicilio. Tutte queste sono misure che integrate tra loro dovrebbero servire ad evitare che qualcuno rimanga senza assistenza. Credo quindi che l’integrazione e la collaborazione siano le uniche soluzioni possibili per ovviare al rischio che i pronto soccorsi si intasino, inoltre solo il 5% dei casi positivi ha bisogno di supporto ospedaliero, il resto o è asintomatico o ha sintomi lievi che possono essere gestiti a casa, con il supporto dei medici di famiglia, che sono il primo fondamentale presidio della sanità sul territorio e devono aiutarci a non ingolfare inutilmente i pronto soccorso.

Lei che gestisce una struttura d’eccellenza crede che attraverso le conoscenze acquisite durante questa emergenza riusciremo ad essere più preparati in campo sanitario in futuro? E tutto questo porterà a dei cambiamenti nella nostra società?
Reputo che le esperienze servano sempre ad imparare quindi è impossibile che da questa esperienza non trarremo nulla. Lo Spallanzani è riuscito a far fronte a questa situazione perché da sempre il personale viene addestrato e  formato quindi vi è una preparazione ordinaria. Dal punto di vista sanitario saremmo veramente dei folli se non dovessimo eseguire un cambiamento nell’organizzazione a seguito di questa emergenza, ma io sono ottimista e penso che lo faremo e credo che per tutti questo implicherà una riflessione e una revisione dei nostri valori.

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