Sembra allontanarsi il rischio di scissione nel Movimento 5 Stelle ma Alessandro Di Battista ha comunque dettato le sue condizioni per restare dentro. Condizioni che rispecchiano le battaglie delle origini e che Dibba ha posto come essenziali per poter assicurare un suo futuro impegno nelle fila dei pentastellati.
Il punto centrale sembra ruotare intorno alla questione dei due mandati. Per Di Battista deve essere “messo nero su bianco che non vi saranno deroghe sul vincolo dei due mandati”. Richiesta questa che appare la più difficile da accettare, visto che mantenere il vincolo significherebbe buttare fuori dal Parlamento Di Maio, Crimi e la grande maggioranza dell’attuale classe dirigente del Movimento. E spalancare proprio le porte alla leadership di Di Battista che per potersi ritagliare un ruolo di primo piano nel 2023 ha scelto di stare fermo un giro nel 2018, lasciando campo libero a Di Maio.
Per ovviare al problema si sta discutendo di mantenere il vincolo ma non in maniera tassativa, ovvero concedendo possibilità di deroga. Una bozza di compromesso utile ad esaudire i desiderata di Di Battista, ma salvando la poltrona a Di Maio e company. Anche se una prospettiva del genere avrebbe chiaramente il sapore di una farsa.
Altro punto molto controverso quello in cui Dibba chiede che “venga messo nero su bianco che alle elezioni politiche del 2023 il Movimento 5 Stelle si presenterà da solo”. Nessuna alleanza con il Pd dunque e gli attuali alleati di governo, posizione chiaramente in contrasto con quella del premier Conte, con quella dell’ala governista del Movimento, e con quella di Beppe Grillo. Ragione per cui i 5 Stelle si batteranno per votare con il proporzionale puro, in modo tale da non essere obbligati alle alleanze prima del voto.
“Nel suo intervento agli Stati Generali del movimento – scrive Huffpost – Alessandro Di Battista ha ripreso alcuni dei suoi amati cavalli di battaglia, svolgendo così il ruolo che da tempo si è assegnato (con scarso riconoscimento da parte dei compagni di strada) di tutore della purezza originale e di pungolo verso un gruppo dirigente ormai ben assestato al governo da due anni e più”. Il quotidiano parla di “sconfitta in sei punti” tante sono le condizioni da lui poste, di fatto già superate dalla partecipazione dei 5 Stelle al governo. E aggiunge: “Sei punti che però sono il vero ventre molle del suo intervento, sei punti che sono già pronti per sfracellarsi contro gli scogli dell’agire politico concreto dei suoi colleghi di partito, sei punti che sono perfetti per delineare una sconfitta politica in piena regola, che non esiterei a definire da manuale”.
E allora se scissione non sarà viene da chiedersi: Di Battista ha davvero dietro di sè un esercito di militanti pronto a seguirlo, oppure è tutto un bluff e fuori dai 5 Stelle non ha nessun futuro?
(Lo_Speciale)