L’ombra della pandemia si abbatte con i suoi effetti economici sugli agriturismi, un settore che finora era riuscito a tenere testa alla crisi ed essere anche indicati come possibile virtuosa riscoperta del turismo entro i confini del Paese. Invece secondo i calcoli di Coldiretti 24 mila imprese del settore sono in crisi, e tra queste oltre 5mila agriturismi sono costretti a chiudere nelle aree classificate di gravità massima o elevata in base al rischio contagio da coronavirus, dove è stata totalmente inibita l’attività di ristorazione. È la conseguenza per la Coldiretti del nuovo Dpcm pubblicato in Gazzetta Ufficiale che individua tre livelli di rischio lungo la Penisola con limitazioni alle attività produttive e agli spostamenti.
“Sulle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e in quelle di massima gravità”, fa presente la Coldiretti, “sono sospese tutte le attività di ristorazione e quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte degli agriturismi. Si tratta”, precisa la Confederazione, “di un colpo drammatico a più di 1 azienda agrituristica su 5 attiva livello nazionale con la cancellazione di oltre 140mila posti a tavola”. I livelli di blocco tuttavia sono diverse da area ad area.
“Nelle zone critiche rosse e arancioni è infatti consentita la sola consegna a domicilio”, prosegue la Coldiretti, “nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali”. Questa la mappa delle chiusure.
Oltre la metà degli agriturismi costretti alla serrata si trova fra Lombardia e Piemonte e il resto fra Puglia, Calabria, Sicilia e Valle d’Aosta. “Limitazioni permangono però anche sulla parte del territorio nazionale fuori dalle due fasce più critiche dove”, spiega la Coldiretti, “le attività di ristorazione sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto”. Ci sono poi conseguenze logistiche che aumenta la crisi economica di molte imprese.
“La gran parte delle aziende”, segnala la Coldiretti, “che si trovano lontano dai centri urbani, la pausa pranzo non è sufficiente per garantire la copertura dei costi e quindi si preferisce chiudere”. Eppure nei mesi scorsi proprio gli agriturismi avevano vissuto un momento di intensa attività.
“Gli agriturismi in aperta campagna sono luoghi più sicuri in cui le distanze si misurano in ettari e non in metri, in cui gustare il meglio della tradizione locale. Pur di resistere molti agriturismi di Terranostra”, osserva la Coldiretti, “si stanno tuttavia organizzando per non fare mancare i menu tradizionali della cucina contadina sulle tavole degli italiani con consegne a domicilio e asporto”.
A conti fatti, inoltre, l’emergenza Covid colpisce in complesso oltre 24mila aziende agrituristiche che da nord a sud della Penisola stavano tentando una difficile ripartenza dopo il prezzo pagato al primo lockdown di primavera. “Servono“, sollecita Diego Scaramuzza, presidente degli agriturismi di Terranostra Coldiretti, “dunque ristori immediati e un piano nazionale che metta in campo tutte le azioni necessarie per non far chiudere per sempre attività che rappresentano un modello di turismo sostenibile grazie ai primati nazionali sul piano ambientale ed enogastronomico”.