Le vittime da Covid nel nostro paese fino ad oggi sono circa 37.000. Numeri che ci spaventano. Ma quante persone muoiono ogni anno in Italia per altre malattie? 2019 (ISTAT): morte 647.000 persone (1,07% della popolazione residente al 1.01.2019). E quali le loro principali cause di morte? (Istat 2017) 650.614 decessi di cui 232.992 x malattie circolatorie (35.8% dei decessi), 180.085 per Tumori (27.7%), 53.372 (8.2%) per malattie del Sistema respiratori e sorprendono i 24.406 decessi (3.75%) di morti per disturbi psichici e comportamentali. La mortalità è il più solido degli indicatori epidemiologici anche in tempo di Covid codificato sulla base di regole internazionali accettate (International Classification of Diseases – ICD).
La descrizione della mortalità rappresenta poi un elemento di grande importanza per la conoscenza dello stato di salute di una popolazione. L’esame per causa della mortalità può fornire indicazioni preziose per la programmazione di cura e di prevenzione sanitaria. In Italia, i dati di mortalità vengono rilevati e codificati dall’Istituto centrale di statistica (Istat) ed elaborati dall’Istituto superiore di sanità (Iss). L’Ufficio di statistica dell’ISS è la struttura di sorveglianza rapida sulla mortalità, dedita a studiare le più gravi conseguenze sulla salute di eventi particolari, uno fra i tanti le epidemie. E la lettura precisa dei dati forniti alla popolazione è fondamentale per la stabilità mentale delle persone.
Oggi più nessuno è disposto a subire quanto successo tra Marzo e Maggio. È in pericolo l’ordine pubblico dei nostri Stati. Presentare i dati di mortalità Covid confrontandoli con altre gravi malattie o con altre malattie contagiose del passato, darebbe una visione diversa della gravità di quello che stiamo vivendo. E ritengo che le strategie sanitarie su larga scala quali quelle richieste per Covid, debbano essere fatte con trasparenza ma in cabine di regia lontane da salotti televisivi. È indispensabile che le informazioni abbiano una fonte certa e comune. Se continuiamo ad esaltare i numeri del contagio, naturale per una malattia infettiva, continuiamo a pubblicizzare dati irreali ma che la gente percepisce come un estremo pericolo che incombe, aumentando la naturale fragilità dell’animo umano. Ulteriore confusione poi se i dati del contagio si rapportano al numero dei tamponi effettuati.
Fra i positivi ci sono quelli che, asintomatici, continuano ad avere il tampone positivo (una piccola carica di Rna -detto fattore 39- positivizza il tampone, anche se non ha nessun valore clinico). Motivo per cui ci sono asintomatici non pericolosi che devono però restare in quarantena per periodi molto lunghi. Con queste imprecisioni la gente percepirà una dimensione diversa del fenomeno, sovradimensionata rispetto a quella reale. Altro dato pubblicizzato con enfasi è l’occupazione dei posti letto nelle Rianimazioni. Oggi, 23 ottobre 2020 risultano occupati poco più di mille posti letto in Terapia intensiva e siamo solo al 15.5% del totale dei posti disponibili su rete nazionale. Poi ci sono i guariti (ma sono solo i dimessi dagli Ospedali o anche i positivi da tampone che si negativizzano?).
Altra questione è quella delle Fasi del virus (Fase 1, poi Virus in vacanza estiva, poi ritorna e parte la Fase2). Il fenomeno virale si comporta come le maree ma non come un fenomeno on-off. La paura sociale del temuto e nuovo-Lockdown (prima grande strategia terapeutica di contenimento per i Decisori della tutela della nostra salute), tutti dentro (e basta togliere la gente dalla strada), è errore da non commettere nuovamente. Cosa cambierà in meglio se i positivi asintomatici non tracciati saranno nuovamente rinchiusi nelle loro famiglie? Esperienza già vissuta fresca di ieri. Le famiglie cosi ridiventano incubatori di malattia, come tante piccole RSA. Dopo il personale sanitario, la Scuola doveva essere la prima grande opportunità di screening sociale per il Territorio. Invece, scuole chiuse. I positivi asintomatici, se li si ritiene davvero un pericolo sociale, vanno curati in strutture sanitarie di sorveglianza proprio come dei malati.
E poi, i pazienti Covid sintomatici di qualsiasi ordine e grado, vanno curati in strutture ospedaliere isolate solo Covid-dedicate. Ed ancora, esiste una unità centrale di crisi per terapie mediche unificate covid-dedicate? I protocolli medici ove più virtuosi ed efficaci, devono essere validati da organi sanitari di controllo ed estesi a tutti gli altri ospedali fornendo a tutti i centri di cura gli stessi farmaci e quant’altro sia necessario, onde evitare palesi difformità di trattamento da Regione a Regione ancor prima dell’auspicato vaccino. E non dimentichiamoci che lo studio delle cause di morte, rilevabili solo in sede di autopsia, non può essere mancante alla filiera della più completa comprensione di questa terribile malattia. Bisogna avere una visione di scienza non di opportunismo per soluzioni cercate al momento.