venerdì, 15 Novembre, 2024
Lavoro

La previdenza che cambia. Torna l’Ape sociale per ridurre gli anni che mancano. Pensioni e mini riforme, vademecum della Cna

Per molti l’avvicinarsi della pensione è un approdo sicuro, con la fine di tanti problemi causati da un lavoro portato avanti oltre la soglia dei 64 anni. Arrivare a 67 anni infatti per molti è un traguardo difficile così torna l’idea di una riforma che accorci di qualche anno l’arrivo della pensione. In particolare c’è la possibilità dell’Ape sociale che può avere dei vantaggi. Si tratta tuttavia di un percorso complesso con molte barriere burocratiche e tagli economici.

Ecco le novità oggi in discussione per una nuova mini riforma previdenziale.

Quota 100 o quota 102, ipotesi 41. Per andare in pensione evitando i 67 anni – previsti oggi dalla legge Fornero – sono queste le riforme allo studio che infiammano il dibattito e fanno sperare a molti ultrasessantenni, non ancora in possesso dei requisiti, di ritirarsi dal lavoro prima. Intanto però c’è l’anticipo pensionistico, l’Ape sociale, le cui domande sono in scadenza il 30 novembre. “Una possibilità”, sottolinea la Confederazione nazionale artigiani (Cna), “che consente già a molti cittadini di accedere all’agognato ritiro dal lavoro”.

Che cosa è

L’Ape Sociale? In sintesi è un’indennità economica prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2020, riconosciuta a determinate condizioni e nel rispetto dei limiti di spesa annuali previsti dalla legge, che spetta per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell’età anagrafica prevista per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia (67 anni nel 2020). In sostanza una sorta di pensione provvisoria che però permette di uscire subito dal lavoro.

Ecco chi può accedere

Possono accedere all’Ape sociale tutti i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti alla gestione principale e a quella separata.

Per accedere servono: almeno 63 anni di età e almeno 30/36 anni di anzianità contributiva, a secondo della categoria.

Chi sono i destinatari

La norma prevede 4 categorie di soggetti potenzialmente destinatari del beneficio economico: Coloro che, in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni, si trovino in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’art. 7, Legge n. 604/1966. Oppure coloro che, con medesima anzianità contributiva, si trovino in stato di disoccupazione per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi e abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi. Inoltre ci sono: Coloro che, in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni, assistano al momento della richiesta, e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, co. 3, Legge n. 104/1992. Ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Coloro che, in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni, abbiano una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento. I lavoratori dipendenti in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 36 anni, che al momento della decorrenza dell’indennità, rientrino in una delle professioni cosiddette “gravose”, svolta da almeno sette anni negli ultimi dieci, ovvero almeno sei anni negli ultimi sette anni lavorativi. Professioni per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo.

Queste inoltre le “Modalità di erogazione”

L’indennità è erogata mensilmente per dodici mensilità ed è pari all’importo della rata mensile della pensione di vecchiaia che sarebbe spettato al momento della domanda di Ape. L’importo non può, in ogni caso, superare 1.500 euro lordi e non è soggetto a rivalutazione né ad integrazione al trattamento minimo, non configurandosi come prestazione pensionistica ma assistenziale.

Ulteriori requisiti richiesti

Essendo l’Ape sociale una prestazione assistenziale è richiesta: la residenza in Italia; la cessazione dell’attività lavorativa dipendente, autonoma e parasubordinata svolta in Italia o all’estero; la non titolarità di un trattamento pensionistico diretto conseguito in Italia o all’estero.

La domanda

Si accede all’Ape attraverso una domanda preliminare chiamata Certificazione del diritto. Si tratta di un riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape da inoltrare all’Inps prima della domanda vera e propria.  I requisiti necessari per l’accesso all’Ape non devono necessariamente essere posseduti tutti al momento della presentazione della prima domanda, quella di certificazione del diritto. Infatti, al momento della domanda di riconoscimento delle condizioni i soggetti interessati devono essere in possesso dei relativi requisiti minimi potendo, invece, maturare gli ulteriori requisiti richiesti entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento. Vista la complessità di questa procedura risulta prezioso l’aiuto del Patronato Epasa-Itaco, dove operatori altamente qualificati saranno in grado di prendersi carico di ogni singolo caso.  Contattando la sede di Patronato EPASA-ITACO più vicina rintracciabile su www.epasa-itaco.it si può prendere appuntamento e accertarsi se si ha diritto all’Ape sociale.

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