lunedì, 18 Novembre, 2024
Attualità

Laudato Si’ e l’ecologia integrale. Difesa di chi soffre contro lo sfruttamento del pianeta

“Non possiamo capire la pandemia e suoi effetti sull’uomo se non cerchiamo di analizzare il sistema di relazioni che legano l’emergenza sanitaria alle questioni ambientali, sociali, economiche e politiche”. È un passo del racconto-manifesto di Massimo Pallottino, Caritas Italiana, e Andrea Stocchiero, Focisiv (Federazione servizio civile universale), che hanno scelto come titolo del loro testo: “L’ecologia integrale del coronavirus – Siamo sulla stessa barca”, per indicare la sintonia con le parole di Papa Francesco nella enciclica “Laudato Si’” e dare voce a una riflessione chiara e viva sui mali della modernità intesa come disuguaglianze, povertà, violenze e fame. Il testo è legato infatti alla iniziativa Caritas “Dacci oggi il nostro pace quotidiano. La pandemia ha portato alla fame milioni di persone”.

“Il contagio del Covid-19 si sta diffondendo in tutti i paesi, in tutto il mondo, anche nelle aree più remote come le foreste amazzoniche, diventando così una vera e propria pandemia. Ma non si tratta di un fenomeno che nasce dal nulla”, scrivono Massimo Pallottino e Andrea Stocchiero, “L’approccio dell’ecologia integrale promosso da Papa Francesco con la Laudato Sì ci può aiutare a capire le cause, le conseguenze, le questioni in gioco, a partire dall’assunto per cui “tutto è interconnesso”. Non possiamo capire la pandemia e suoi effetti sull’uomo se non cerchiamo di analizzare il sistema di relazioni che legano l’emergenza sanitaria alle questioni ambientali, sociali, economiche e politiche.

La pandemia ha delle cause ben precise. La scienza ci ha mostrato come il passaggio del virus Covid-19 dagli animali all’uomo, la cosiddetta zoonosi, sia legata al degrado dell’eco-sistema, e come forse abbia maggiori effetti con l’inquinamento. Dietro alla pandemia vi sono dunque le condizioni del nostro pianeta, e un sistema economico che si esprime attraverso meccanismi ben visibili attorno a noi, che violentano la natura, la uccidono e la invadono. La pandemia dunque è effetto di scelte concrete: di politiche degli Stati e di comportamenti insostenibili da parte di imprese e consumatori, che rischiano di portare alla scomparsa dello stesso genere umano, di inazione colpevole di fronte a urgenze ormai non più differibili”.

Dal testo emerge una prima indicazione, che il cambiamento inizia dai gesti personali, da gesti di consapevolezza e rispetto di ciò che ci circonda.

“La responsabilità di ognuno è sollecitata direttamente: non solo quando ci troviamo nella posizione di poter influenzare con le nostre decisioni il corso degli eventi, ma anche in quanto semplici consumatori, chiamati ad effettuare le nostre scelte in una prospettiva di attenzione a una dimensione di sobrietà e di rispetto nei riguardi della dignità umana e del pianeta”, indicano Massimo Pallottino e Andrea Stocchiero, “I fenomeni che stiamo vivendo, la diffusione della pandemia, la riduzione della biodiversità, ma anche Il cambiamento climatico ci mostrano un dato di fatto inoppugnabile: siamo tutti sulla stessa barca. Tutti possiamo essere colpiti. Tutti siamo in pericolo, essendo noi stessi cause di questo pericolo.

La situazione che viviamo mette in luce e amplifica i punti deboli del sistema economico, sociale e politico, esacerbando le diseguaglianze, l’esclusione sociale, i fenomeni per cui si producono dei veri e propri ‘scarti umani’. Ha degli effetti ben precisi e colpisce tutti, ma ha un impatto maggiore  sulla popolazione vulnerabile, come gli anziani, e su chi è più esposto al virus perché ha più difficoltà ad isolarsi e a proteggersi: i senza tetto, gli abitanti delle periferie (spesso costretti a vivere in condizioni di affollamento e promiscuità), le persone abbandonate da sistemi sanitari inefficaci o indeboliti da decenni di politiche di austerità, spesso piegati a logiche di profitto per pochi piuttosto che orientati al bene comune. E in un mondo che è un villaggio, la pandemia raggiunge tutti, come i popoli indigeni, che sono ancora più vulnerabili ed esposti, riproducendo nel nostro tempo una delle cause storiche del genocidio coloniale”. C’è una responsabilità di chi è alla guida di questo mondo di chi ha privilegi e non osserva e riflette su chi ha bisogno su quanti soffrono per le responsabilità e arroganza di altri.

“Siamo sulla stessa barca ma pochi stanno nella plancia di comando e nelle cabine di lusso, molti nelle stive”, scrivono gli esponenti di Caritas e della Federazione servizio civile universale, “Le vicende legate al Covid sta avendo un effetto gravissimo sulla situazione della fame in tutto il pianeta; molti paesi del ‘sud globale’ si trovano in condizioni particolarmente vulnerabili. La pandemia (e le misure di contenimento, spesso poco preparate) provocano la perdita del lavoro e la riduzione della capacità di acquisto di generi indispensabili per la vita quotidiana, l’accesso ai mercati viene ridotto per l’assenza di efficaci misure di controllo sanitario, i contadini e i commercianti locali sono costretti a ridurre la loro mobilità per rifornire i mercati. Alla già tragica conta diffusa annualmente dalla FAO che vede ormai da 4 anni aumentare il numero di coloro che soffrono la fame, si aggiungono le stime ancora preliminari degli impatti della pandemia sullo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo: secondo il WPF a causa della pandemia 135 milioni di persone in più si troveranno in una situazione di fame acuta portandone il totale a 265 milioni: un aumento di quasi il 100% ascrivibile alla diffusione del COVID19 (e alle misure di contenimento messe in atto in vari paesi).

L’impatto della pandemia deve essere quindi analizzato nelle diverse dimensioni dell’ecologia integrale, tra loro interconnesse: le dimensioni ambientali, economiche e sociali, politiche, antropologiche e spirituali. Dimensioni che rimandano anche ad un altro approccio: quello dell’Agenda 2030 sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile che intreccia ambiente, economia e società.  Anche questa Agenda delle Nazioni Unite chiede una visione olistica e di sistema: la pandemia non è nata per caso ma è una conseguenza del nostro antropocentrismo.

La casa comune e un modello di sviluppo che degrada l’ecosistema.

Come si è scritto la pandemia ha la sua causa principale nel degrado dell’ecosistema. L’ecologia integrale ci indica come sia un modello di sviluppo, il paradigma tecno-economico-finanziario di carattere estrattivista, la causa di quello che per i credenti è il peccato ecologico. I meccanismi di ingiustizia, quelli che Giovanni Paolo II ha definito ‘strutture di peccato’ minacciano allo stesso tempo l’uomo e la natura. Il paradigma estrattivista concepisce l’uomo come padrone e dominatore della natura. Una natura da sfruttare senza limiti. Da soggiogare e piegare alla volontà di potenza dell’uomo. Ma tutto ciò gli si ritorce contro, perché i limiti esistono e sono sempre più evidenti: le foreste e la biodiversità scompaiono, l’aria e la terra sono sempre più inquinate e muoiono, l’uomo muore, mentre aumenta il divario tra chi ha tutto e chi non ha neanche il necessario per sopravvivere. Il pianeta è la nostra casa comune, è la nostra barca da proteggere, non da distruggere; e chi si è assicurato un posto sulla plancia di comando non sopravvivrà a lungo quando le stive saranno riempite dall’acqua…

Particolarmente grave è la perdita di biodiversità “…a causa di modi di intendere l’economia e l’attività commerciale e produttiva troppo legati al risultato immediato. La perdita di foreste e boschi implica allo stesso tempo la perdita di specie che potrebbero costituire nel futuro risorse estremamente importanti, non solo per l’alimentazione, ma anche per la cura di malattie e per molteplici servizi”. È con la perdita e il degrado di biodiversità che si creano le condizioni per il passaggio dei virus dagli animali all’uomo. La biodiversità va quindi protetta per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi.

È dunque un modello di sviluppo profondamente contraddittorio: fondato sulla promessa del benessere e sul consumo libero per tutti, mina intanto i fondamenti stessi delle nostra sopravvivenza e dell’ecosistema, a vantaggio di pochi che erigono i propri fortini lussuosi di illusoria felicità” . Uno scenario dominato dal valore delle merci, dalla produttività, dal “disvalore” di tutto ciò che è fragile quindi umano.

“Si tratta infatti di un modello di sviluppo che esclude, produce scarti umani”, proseguono Massimo Pallottino e Andrea Stocchiero, “poveri, anziani, lavoratori, donne, bambini, migranti, popoli indigeni. Il degrado dell’ecosistema è insieme degrado sociale: gli scarti sono le principali vittime di questo sistema e quindi anche della pandemia: coloro che hanno maggiori difficoltà ad accedere alle cure necessarie, ma anche coloro che sono maggiormente colpiti dalle misure di lockdown adottate (spesso in modo improvviso, e senza pensare a opportune reti di protezione). Come può infatti chi basa la propria sopravvivenza sul guadagno della giornata permettersi di rimanere in attesa? Chi può dare priorità alla protezione dal contagio rispetto al vedere la propria famiglia che giorno dopo giorno perde ogni mezzo di sussistenza? In molte periferie di città gli effetti si sommano l’uno all’altro: al contagio diffuso a causa delle scarse misure di prevenzione e a causa del necessario movimento di chi deve procurarsi il minimo per sopravvivere, si uniscono i tragici effetti della malattia”. Infine dopo altre considerazioni sulla responsabilità della “dimensione politica le conclusioni di Massimo Pallottino, Caritas Italiana, e Andrea Stocchiero, ma non è tutto, la vera svolta si avrà quando in modo corale saremo capaci di un vero cambiamento. Una svolta consapevole, profonda di sentimenti e responsabilità.

“Non sarà solo col distanziamento sociale o risparmiando sulla plastica che cambieremo il mondo; e forse neanche solo promuovendo un’azione di comunità”, sottolineano con partecipazione e speranza Massimo Pallottino, Caritas e Andrea Stocchiero, “e probabilmente neanche solo grazie al nostro impegno nell’influenzare i decisori politici. Probabilmente sarà grazie a tutte queste cose insieme, in una visione integrale e collettiva: nessun cambiamento ha una prospettiva se non viene assunto dalle singole persone; ma nessuna sensibilità si può diffondere se non si riconosce la possibilità di un’alternativa in azioni promosse da un gruppo, da una comunità, in un quartiere. Allo stesso tempo un cambiamento strutturale ha bisogno di una presa in carico da parte dei decisori politici. La base di tutto ciò è sentirsi parte della famiglia umana, e l’urgenza di un cambiamento per un mondo più giusto e sostenibile.

Questa campagna offre la possibilità di un impegno concreto, al servizio di progetti di giustizia e di autentica promozione umana. Condividere il pane, moltiplicare la speranza è possibile attraverso la nostra donazione in sostegno degli interventi proposti dagli organismi promotori”.

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