mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Politica

Il voto. L’occasione mancata dal cdx e la guerra tra Salvini e la Meloni

A bocce ferme una domanda è lecita: Fdi e Lega vogliono veramente far cadere il governo, o si accontentano di una mera rendita di posizione, sperando che gli eventi (crisi economica, Recovery Fund, criminalità e sbarchi continui di immigrati) possano spostare nuovamente l’opinione pubblica verso il centro-destra? Anche perché gestire la pandemia di andata e forse di ritorno, e tutte le ripercussioni che ciò comporta e comporterà, da ottobre in poi, non sarà facile per nessuno.

Fi invece, oscilla da tempo tra uno schieramento a guida sovranista che percepisce come sempre più estraneo e un’ipotesi di lavoro che Berlusconi sta giocando su due fronti: l’ago della bilancia indispensabile per vincere e le incursioni in una nuova area centrista che contende a Renzi, Calenda e Conte.
Salvini e la Meloni, come noto, hanno perso molti punti, sbagliando comunicazione durante la Fase-1 del contagio (il lock down): i cittadini, quando c’è un pericolo grave si aggrappano alle certezze, hanno bisogno di punti di riferimento certi, istituzionali, e non gradiscono ulteriori angosce, paure, vellicazioni della pancia (è la chiave che spiega i sondaggi ultra favorevoli al premier). Successivamente hanno recuperato, approfittando delle difficoltà economiche da parte dell’esecutivo, a far ripartire l’Italia nello sforzo di conciliare politica e salute pubblica.

Ma in occasione delle regionali e del referendum hanno perseverato nell’errore. Delle due l’una, o la loro strategia è logora, consumata, o si tratta di una scelta studiata a tavolino (ma in vista di cosa?). E ancora: o il fronte sovranista ha stancato, e c’è un’aria che spira in senso contrario (si pensi alla tenuta del Pd), o i due non vogliono scientemente defenestrare Conte.

Sul taglio dei parlamentari hanno evidenziato solo furbizia e ambiguità. In un primo tempo si sono affrettati a non lasciare la palma dell’antipolitica a Di Maio, immaginando una vittoria plebiscitaria del sì. A qualche settimana dal voto, vedendo il fronte del no, avanzare, hanno fatto dei pericolosi distinguo, per salvare capra e cavoli. Allora Salvini ha lasciato improvvisamente libertà di coscienza, modello-Giorgetti (per il no), e la Meloni si è addirittura sbilanciata in posizioni inquietanti: “Sono per il sì, ma se vince il no cade il governo”. Dando un messaggio destabilizzante. Segno di mancanza di chiarezza e lucidità.

Le regionali, inoltre, sono state lo specchio di una competizione interna tra Fdi e Lega, che potrebbe minare l’unità futura del centro-destra. Salvini non riesce a liberarsi dalla sindrome superba della vittoria calcistica, che lo porta a sembrare perdente anche se avanza e conquista una regione: se si parte mediaticamente dal 4 a 0, e poi si prevale per 1 a 0, non conquistando la Toscana, l’effetto è disastroso.
La Meloni, avanza elettoralmente, sta quasi raggiungendo i consensi che in passato aveva An. Il tema però, è la classe dirigente, non all’altezza della Meloni. Il patto di Milano, ha appalesato un vuoto incolmabile.

Perché presentare, imporre, Fitto in Puglia? Simbolo della vecchia politica? Errore speculare a quello commesso in Campania da Berlusconi (Caldoro). Inutile le accuse di disimpegno pugliese della Lega, il tema è più profondo. Lo stesso Acquaroli, nelle Marche, ha beneficiato di un vento favorevole, di uno spostamento a destra di gruppi economici che prima votavano Pd, ma il personaggio è incolore, prefabbricato.

La Lega, dal canto suo, ha problemi opposti: sta fallendo la Lega nazionale, restituendo lo scettro dei consensi centro-meridionali a Fdi; e al Nord dove impera il Carroccio, lo fa con i suoi governatori. Il caso-Zaia è sintomatico. La personalizzazione della politica potrebbe ridiscutere molti assetti intestini. E se Salvini continua a perdere (Toscana, Emilia), non confermando la sua figura di trionfante, non dando agli elettori una prospettiva immediata di riconquista di Palazzo Chigi, la sua leadership potrebbe risentirne.

Salvini e Meloni, potevano dare veramente la spallata al governo, sventolando il fronte del no al referendum, l’ostilità crescente degli italiani verso il Regime-Covid. Invece hanno tentennato. Debolezza, calcolo? Ma a furia di tatticismi, alla lunga la gente potrebbe smettere di investire su di loro.

(Lo_Speciale)

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Il centrodestra si ricompatta sul 2 giugno: nella Lega esplode la “questione settentrionale”

Redazione

Meloni inaugura il treno Roma-Pompei. Un’ora e 47 min

Francesco Gentile

Gran consulto tra gli alleati. I bonus edilizi pesano sui conti. Il caro petrolio soffia sui prezzi

Giuseppe Mazzei

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.