Il leader della Lega, non ne azzecca una.
Un anno fa ha fatto harakiri facendo cadere il Governo di cui aveva il controllo totale: voleva fare cappotto puntando ad elezioni anticipate che era certo di stravincere da solo e invece è finito all’opposizione e ha rimesso in gioco il Pd.
A Gennaio ha giocato il tutto per tutto nella battaglia per espugnare il fortino del PD nelle regionali in Emilia Romagna. E ha perso la partita.
Poi è tornato alla carica contro il Governo in maniera scomposta senza seguire una linea semplice, chiara e non ondivaga, come invece ha fatto a suo modo Giorgia Meloni.
Alle regionali di settembre Salvini ha cantato vittoria prima del tempo certo di portare a casa in Toscana la pelle dell’orso che gli era sfuggito in Emilia Romagna. E anche stavolta ha sbagliato i conti.
E poi c’è stato il Si al referendum che Salvini, nonostante molti mal di pancia tra i suoi, ha scelto senza se e senza ma, commettendo due errori di valutazione. Il primo errore è che questa era una battaglia dei 5 Stelle che oggi si intestano giustamente la vittoria, perfino senza esagerare. Nessuno penserà che sia stato merito della Lega operare questo taglio. Quindi il Si di Salvini non ha per la Lega alcuna efficacia in termini di immagine e consenso. Insomma ha fatto un regalo a Di Maio. Il secondo errore, strettamente politico, riguarda i riflessi che la vittoria del Si avranno sul Governo e la legislatura.
Se Salvini avesse voluto seminare zizzania nella maggioranza e provocare una crisi per chiedere le elezioni anticipate avrebbe dovuto battersi per la vittoria del No. Non ci voleva molto a capire che se avessero vinto i No i 5 Stelle avrebbero avuto il colpo di grazia e il Pd, che si era esposto, sarebbe stato trascinato nella polvere della sconfitta per giunta come comprimario del Movimento: il Governo avrebbe sicuramente cominciato a traballare.
La vittoria del Si, invece, compatta la maggioranza e rafforza il presidente del Consiglio allungando la vita del suo Governo e della legislatura.
Infatti, a parte i 60 giorni necessari per riscrivere i collegi ( e siamo a Natale), servirà molto tempo per riscrivere i regolamenti parlamentari della Camera e del Senato che aveva da poco modificato le sue norme interne. Saranno necessarie altre modifiche costituzionali, come quella sulla composizione del collegio che elegge il Presidente della Repubblica ma, soprattutto, occorrerà una nuova legge elettorale sulla quale lo scontro tra maggioranza e opposizione si annuncia aspro. Insomma i tempi necessari per gli aggiustamenti resi indispensabili dalla vittoria del Si, prima di eventuali elezioni anticipate, sono troppo lunghi e sicuramente vanno oltre il mese di luglio del 2021 quando scatterà il semestre bianco durante il quale il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere. Quindi la prospettiva di elezioni anticipate scompare dall’orizzonte. Il nuovo Presidente della Repubblica si insedierà a febbraio del 2022 e difficilmente scioglierebbe le Camere quando manca solo un anno alla fine naturale della legislatura.
Insomma se Salvini, schierando la Lega per il Si, voleva affossare il Governo e andare il prima possibile al voto ha ottenuto, anche stavolta l’effetto contrario. Un capolavoro.